È quanto scritto nell'indagine stilata dall’associazione Medici per i diritti umani e da Open Society Foundations. Nella quale si ripercorrono le fasi che il 15 ottobre 2009, all’ospedale Sandro Pertini di Roma, hanno portato al decesso del giovane. Il quale avrebbe subito una doppia aggressione: l’ultima prima dell’udienza di convalida del fermo. Manconi: "Per la prima volta analizzato l'aspetto psicologico delle percosse"
Una vicenda sulla quale la parola “fine” è ancora molto di là da venire. E che ora potrebbe arricchirsi con nuovi e importanti elementi. Contenuti in un’indagine medica indipendente realizzata dall’associazione Medici per i diritti umani (Medu) con il sostegno di Open Society Foundations, organismo sponsorizzato dal finanziere George Soros. Secondo la quale, a scatenare la morte di Stefano Cucchi, il 32enne geometra romano deceduto il 22 ottobre 2009 all’ospedale Sandro Pertini, furono proprio le violenze da lui subite al momento dell’arresto, avvenuto sette giorni prima per possesso di sostanze stupefacenti. “in modo attendibile e documentato, per la prima volta, il rapporto ricostruisce l’agonia vissuta da Cucchi considerandola sotto un aspetto da sempre trascurato: quello psicologico”, spiega a ilfattoquotidiano.it Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani di Palazzo Madama. “Speriamo, stavolta, di dare finalmente risposta alle troppe domande rimaste inevase. Per esempio, il motivo per il quale, sulle prime 24 ore del fermo del giovane, la procura abbia, per una lunghissima fase, sorvolato”, conclude il senatore del Partito democratico. Non è dunque un caso che proprio martedì scorso la Procura di Roma abbia iscritto nel registro degli indagati altri 4 carabinieri (tre per lesioni aggravate e uno per falsa testimonianza) in attesa del processo che si celebrerà in Cassazione il prossimo 15 dicembre. Dopo la sentenza con la quale il 31 ottobre 2014 la corte d’Appello di Roma ha assolto tutti gli imputati, ribaltando quanto deciso dai giudici in primo grado: condanna per omicidio colposo a un anno e 4 mesi a carico di quattro medici e a due anni per il primario del Pertini. Più 8 mesi ad un altro medico per falso ideologico.
Secondo l’associazione che si occupa di violazione dei diritti umani, “dalla ricostruzione dei fatti è altamente probabile che l’aggressione” ai danni del 32enne “abbia avuto luogo nel periodo intercorso tra la fine della perquisizione domiciliare (alle ore 2 di notte del 16 ottobre, ndr) e la chiamata del 118 da parte dei carabinieri di guardia nella caserma di Tor Sapienza”, alle 4.30 del mattino. Non solo: “È inoltre possibile ipotizzare – spiega il rapporto – che prima dell’udienza di convalida abbia avuto luogo un’ulteriore aggressione fisica”. Anche perché “gli esami chimico-tossicologici eseguiti su materiale biologico prelevato dal corpo di Stefano hanno evidenziato come le tracce di sostanze stupefacenti rilevate siano risultate ininfluenti nel determinismo del decesso”. E anche l’esclusiva ipotesi della malnutrizione non sembra reggere più di tanto. Invece, “si può considerare senza esitazioni che, in conseguenza dell’aggressione violenta di cui è stato vittima”, Cucchi “ha sviluppato una grave reazione psicopatologica post-traumatica”. La quale è stata caratterizzata “da un insieme di sintomi tra cui una serie di alterazioni post-traumatiche come la chiusura e la sospettosità”, determinanti “nel provocare una severa riduzione dell’apparato alimentare e una conseguente drastica perdita di peso”. Esiste quindi “un’evidente catena causale che collega l’aggressione, il trauma psichico e la sindrome di inanizione (la condizione di progressivo indebolimento corporeo dovuta alla soppressione o alla drastica riduzione nell’assunzione di alimenti, ndr), la quale ha provocato, insieme ad altri fattori concausali, la morte di Cucchi”.
Insomma: “Le violenze subite da Stefano sono state il primum movens che ha portato a una sequenza di eventi patogeni terminata solo con il decesso del paziente”. Violenze che, stando sempre a quanto scrive Medici per i diritti umani, configurano “un vero e proprio caso di tortura”. Infatti “l’aggressione subita da Cucchi è stata un atto mediante il quale sono stati inflitti alla vittima gravi dolori e severe sofferenze, trattamenti crudeli ed inumani secondo i criteri di riferimento della Convenzione delle Nazioni Unite”. Ipotesi, queste, avvalorate anche dalle testimonianze di due carabinieri che, nell’ambito dell’inchiesta-bis sulla morte del giovane, hanno deciso di collaborare con i pubblici ministeri e il legale della famiglia Cucchi, l’avvocato Fabio Anselmo. Denunciando, fra le altre cose, anche la stesura di falsi verbali d’arresto (ipotesi comunque ancora da verificare). “Non è possibile comprendere la tragica vicenda di Stefano Cucchi, nella quale, in poco meno di una settimana, si è compiuta le demolizione di un essere umano, senza prendere in considerazione, oltre alla violenza fisica, la dimensione psico-traumatica e la gravità delle sue conseguenze”, spiega Alberto Barbieri, coordinatore generale di Medu e autore dell’indagine insieme a Massimiliano Aragona, psichiatra esperto di psico-traumatologia. “Secondo noi – aggiunge – nel caso Cucchi le conseguenze del trauma psichico hanno avuto effetti ancora più profondi e devastanti delle ferite provocate dalle lesioni fisiche”. Nuovi elementi, dunque, volti a mettere ordine nel mosaico degli innumerevoli dati clinici che in questi sei anni hanno accompagnato le indagini sulla morte del ragazzo. In attesa della pronuncia della Cassazione.
Twitter: @GiorgioVelardi