Sono in corso di collocamento le azioni delle Poste Italiane. Merita allora ricordare che la Consob ha multato suoi dirigenti (delibera n. 19283 del 30-7-2015) per avere fatto disinvestire prodotti più sicuri al fine rifilarne altri, che gli convenivano di più. Vuoi per le alte commissioni, vuoi perché “il collocamento [era] focalizzato su prodotti emessi da società del Gruppo Poste”, con chiara allusione alle polizze di Poste Vita.
D’altronde più le Poste mostrano di guadagnare alle spalle dei risparmiatori, più sono appetibili come società. Le multe della Consob sono una specie di certificato di redditività, un vanto per chi vuole andare in Borsa.
Inoltre le sanzioni ammontano in tutto a 60mila euro, per cui non c’è proporzione coi danni arrecati ai risparmiatori. Cosa sono poi 20mila di euro una tantum per un Massimo Sarmi, pagato oltre un milione l’anno? È chiaro il messaggio anche agli altrivintermediari finanziari, banche e sim: “Continuate così, perché tanto ve la caverete con una miseria”.
Ma c’è altro che non va. La Consob si comporta come se la Magistratura, scoperte le morti causate da un’automobile per un colpevole difetto di produzione, processasse in segreto i responsabili, ma neanche a richiesta svelasse il nome del modello e men che mai informasse chi viaggia con essa che può schiantarsi.
Così fa la Consob, adducendo il segreto d’ufficio. Cita “disinvestimenti anticipati non frutto di un’autonoma determinazione della clientela” senza dire esplicitamente che si riferisce a buoni fruttiferi postali. Denuncia “un’acuita situazione di conflitto di interessi che ha inciso negativamente sugli interessi dei clienti”, ma un cliente non ha le prove di esserne stato vittima e quindi non può rivalersi per i danni subiti.
Così l’avvocato Francesco Luongo ha cercato, per il Movimento Difesa del Cittadino, di ottenere dalla Consob gli atti per la vicenda del Fondo Europa Immobiliare n. 1, collocato ugualmente da Poste Italiane. Ma essa gli ha risposto picche. Si veda la lettera della Consob (Consob_Movimento-Difesa-Cittadino_2015).
Ugualmente, quando nel 2002 vennero alla luce le malversazioni riscontrate dalla Consob nella gestione di tre fondi di San Paolo Imi, essa rifiutò di comunicare agli interessati gli atti dell’indagine. Che stessero buoni e non facessero troppe domande!
Vuole questo la legge? Nulla però vieta ai vertici della Consob di denunciare che hanno le mani legate e chiedere che il legislatore modifichi la normativa. A meno che siano ben contenti di proteggere banche, sim ecc. dalle giuste rivendicazioni di chi esse sistematicamente imbrogliano.
Versione aggiornata dell’articolo apparso su il Fatto Quotidiano il 21 settembre 2015