Piove a dirotto in una Roma quasi sempre notturna e cupa, sembra quasi di sentire il freddo insinuarsi nelle ossa e la puzza di umido e fango che si mischia ai profumi ricercati e costosi; il degrado e lo squallore della città eterna sulla quale sta per abbattersi l’Apocalisse. È la Suburra di Sollima, che dopo Gomorra-la Serie, mette in scena un altro capolavoro.
Sono pochi i registi italiani che hanno la capacità di raccontare la realtà con così disarmante freddezza (Garrone, padre di Gomorra film): quello di Sollima non è un cinema di denuncia, ma di impietosa narrazione dei fatti, senza filtri o mezze misure. Non ci sono vincitori, non ci sono eroi, solo sfumature differenti di umanità e disumanità. Ancora una volta la scelta del cast è perfetta e Sollima è talmente bravo a dirigere gli attori da aver alleggerito il “peso” dei tanti volti noti presenti nel film a vantaggio dei personaggi che interpretano. Claudio Amendola (il Samurai) è sorprendente e intenso, mai così vero; per non parlare di Elio Germano (il pr Sebastiano) e della sua capacità di abbandonarsi nei personaggi, regalandoci ogni volta un’interpretazione magistrale. Favino ( il politico Malgradi) con la sua sensibilità esposta, si riconferma assolutamente capace di restituirci tutta la miseria umana del suo onorevole corrotto e corruttore. La vera rivelazione, a mio parere, è Alessandro Borghi ( Numero 8) il cattivo cinematografico per eccellenza, il folle Joker che completa il desolante quadro di una Roma sommersa d’acqua e merda. Già notevolmente apprezzato in Non Essere Cattivo di Caligari, qui riconferma il suo grande talento attoriale: credo che il panorama cinematografico italiano avesse finalmente bisogno di una faccia così incredibilmente internazionale.
Suburra cattura lo spettatore e lo tiene inchiodato alla poltrona per 130 minuti, pure qualcosina in più. Finito il film si rimane carichi di adrenalina fino al giorno dopo!
Unica piccola pecca di sceneggiatura, a mio avviso, verso il finale: col pretesto di mostrarci la resa dei conti tra i due cattivi, il Samurai e Numero 8, la storia pecca un po’ di banalità con il Samurai che scende inspiegabilmente in prima linea – per tutto il film è stato un sapiente regista che agisce nell’ombra- anticipando un finale per la verità poco realistico.
Detto questo, andrei a rivederlo anche domani. E pure dopodomani.
Questo è il cinema che ti fa godere.