Quarantasei premi (Emmy, Golden Globe e SAG tra gli altri), più di centocinquanta nomination, fan illustri come i Rolling Stones e addirittura la regina Elisabetta. Sono alcuni dei numeri di cui può vantarsi Downton Abbey, serie cult inglese ideata e scritta da sir Julian Fellowes, Oscar alla migliore sceneggiatura nel 2002 per Gosford Park.
E mentre in Inghilterra è cominciata la sesta e ultima serie, in Italia parte stasera la quinta, in prima tv esclusiva, su La5, il canale “femminile” free di Mediaset sul digitale terrestre. Le vicende della famiglia Crawley e della sua variegata e a volte spietata servitù hanno conquistato milioni di telespettatori in tutto il mondo, anche se in Italia Downton Abbey non è mai riuscita a sfondare.
Prima su Rete4, ora su La5, forse Mediaset non ha valorizzato abbastanza un prodotto televisivo di indubbia qualità. O forse la ragione dei risultati deludenti sta tutta nelle abitudini del pubblico televisivo italiano, magari non abbastanza raffinato per apprezzare la serie.
Nella quinta stagione che parte domenica 18 ottobre (e che andrà avanti per cinque settimane), le storie dei Crawley si svolgeranno nel 1924, con un governo laburista alla guida del Regno Unito e novità “progressiste” anche ad Highclere Castle, la sontuosa magione della famiglia guidata dalla splendida Lady Violet interpretata da quel monumento di cinema, teatro e tv che è Maggie Smith.
Downton Abbey è tecnicamente una soap, ma a pensare alle soap italiane o comunque a quelle che hanno successo dalle nostre parti (Beautiful e Il Segreto su tutti), è normale provare un minimo di scoramento. Una scrittura raffinata e di qualità altissima; cast, ambientazioni, scene e costumi da produzione hollywoodiana: tutti ingredienti che hanno prodotto un capolavoro televisivo che resterà nella storia del piccolo schermo in questo periodo d’oro delle serie tv.
La piccola La5 si sobbarca l’arduo compito di dare il giusto lustro a Downton Abbey. Probabilmente ci si dovrà accontentare di risultati da piccolo canale tematico, ma sarebbe bello, per una volta, assistere a un miracolo televisivo, assistendo al trionfo di un prodotto di qualità assoluta che in Italia, tanto per cambiare, possiamo solo sognare.