Un “sistema tangentizio consolidato presso il Provveditorato opere pubbliche della Lombardia”, quando il capo era Francesco Erricchiello. Un sistema collaudato fatto di bustarelle vecchia maniera e bonifici su conti esteri. E spunta pure un giro di prostitute in un hotel di Pavia, che sarebbero state pagate da un imprenditore con frequenza mensile. Beneficiario, delle bustarelle e delle squillo, secondo gli inquirenti ancora lui: Angelo Bianchi, dirigente del citato Provveditorato e dal 13 ottobre in carcere, coinvolto nell’inchiesta che ha portato all’arresto dell’ex vicegovernatore forzista della Lombardia Mario Mantovani (nella foto), a cui Bianchi appare legatissimo, e del suo assistente Giacomo Di Capua.

LE TRE INCHIESTE SU MANTOVANI E IL SUO GIRO. “Le nuove accuse nei confronti di Bianchi sono contenute in un’altra inchiesta, che sarebbe sul punto di essere chiusa, poi assorbita dal pubblico ministero Giovanni Polizzi, assieme alla seconda inchiesta di cui ilfattoquotidiano.it ha dato notizia nei giorni scorsi, in quella principale, che ha portato agli arresti del 13 ottobre”. Nella richiesta di misure cautelari inviata al Gip Stefania Pepe, per delineare la figura di Bianchi, Polizzi scrive: “Soltanto in data 19.9.2014 perveniva a questo ufficio uno stralcio di un procedimento pendente presso altra autorità giudiziaria, contenente l’interrogatorio reso il 25.6.2014 da tale Alberto Brera, imprenditore nel campo dell’edilizia pubblica, che denunciava – autoaccusandosi come costruttore – il sistema tangentizio consolidato presso il Provveditorato alle Opere Pubbliche reggente il precedente Provveditore ing. Errichiello”, anche lui fra gli indagati della nuova inchiesta, rivelata nei giorni scorsi da ilfattoquotidiano.it. Nello specifico, secondo quanto riferisce l’imprenditore Brera, che sostiene di parlare per esperienza diretta, “Bianchi prendeva dal 4 % al 5 % (in base al valore del lavoro assegnato, ndr) (…) Aveva addirittura un conto alla Ubs di Montecarlo”. E infine: “L’ing. Bianchi incontrava delle prostitute presso l’Hotel Moderno che venivano da me pagate circa una volta al mese”.

L’IMPRENDITORE AI PM: “PRENDEVA IL 5% E PROSTITUTE IN HOTEL A PAVIA”. L’hotel Moderno è a Pavia, vicino alla stazione. Qui una camera può arrivare a costare fino 265 euro a notte, se si tratta di una suite con Jacuzzi. L’imprenditore Brera vive e lavora proprio nella città lombarda. Fu anche rinviato a giudizio per truffa e falso nel luglio 2014 in relazione ad alcuni certificati di pagamento, per un importo di oltre 277mila euro, emessi sempre dal Provveditorato alle opere pubbliche della Lombardia e relativi a interventi eseguiti per l’università pavese. E’ lui, denunciando se stesso, a svelare il resunto giro di bustarelle del Provveditorato che riguarderebbe anche Bianchi, con il quale sembra avere parecchia confidenza, al punto da conoscere a perfezione sia il sistema tangentizio sia l’esistenza del conto corrente di Montecarlo, utilizzato dall’ingegnere, secondo l’accusa, per versare i proventi delle ‘stecche’.

Un curriculum di tutto rispetto, quello di Bianchi: rinviato a giudizio a Sondrio (dopo un periodo di arresti domiciliari) per corruzione e turbativa d’asta, arrestato per i medesimi reati nell’inchiesta di Milano, si apprende ora che il dirigente è sottoposto a un altro procedimento. Si capisce forse lo stupore degli inquirenti nel constatare che il rinvio a giudizio per gravi reati non impedisce al vicepresidente lombardo Mantovani, già senatore Pdl e sottosegretario alle Infrastrutture nel governo Berlusconi, di fare pressioni su Marcello Arredi, responsabile del personale al ministero delle Infrastrutture, evitando peraltro di dire la verità, purché Bianchi non sia rimosso dal suo incarico in Provveditorato. E questo nonostante la legge, dopo un rinvio a giudizio, imponga lo spostamento in altra sede del dirigente o, in subordine, il cambio di incarico.

MANTOVANI MENTE SULL’IMPUTATO BIANCHI: “GUAI GIUDIZIARI? RISOLTI”. E’ Mantovani in persona a chiamare Arredi il 22 gennaio 2014: “Io la disturbavo perché so che lei deve prendere credo qualche… assumere qualche iniziativa per l’ingegnere che lei conosce”. Mantovani evidentemente non vuole fare nomi al telefono, ma a un certo punto si rende conto che Arredi non ha capito (quest’ultimo pensa infatti si stia parlando di Erricchiello). Allora il politico diventa esplicito: “Sto parlando, sto parlando, sto parlando dell’ingegner Bianchi”. La richiesta dell’allora vicegovernatore lombardo è inequivocabile: “L’importante è lasciarlo lì (…) Si profilava l’idea che dovesse cambiare ufficio, andare da un’altra parte. Ma lei lo lasci lì, sicuramente”. Arredi promette che si interesserà al caso, pur precisando: “Di Bianchi, devo verificare se ci sono problemi”. Mantovani dapprima mostra di conoscere perfettamente la situazione giudiziaria del dirigente amico: “Secondo l’applicazione della legge (…) avrebbe dovuto essere o demansionato o trasferito da qualche altra parte, perché lui aveva una noia, si ricorda? Ne avevamo anche parlato”. Poi però asserisce che Bianchi “non ha neanche il rinvio a giudizio. Non ha niente, niente di niente”. Arredi cerca conferma di quest’ultima affermazione: “Ne rinvii né altro?” E Mantovani ribadisce: “Assolutamente (…) Niente”. In quel momento, invece, Angelo Bianchi è imputato a Sondrio per corruzione e altri reati.

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