Prodotto dall'Istituto Luce-Cinecittà con Rai Cinema e Rai Con offre con dovizia di ricerca un affresco piuttosto esaustivo di ciò che è stato il servizio scolastico dall'Italia monarchica fino al 1960: "Io non posso dire come sarà la scuola di domani, posso solo dirvi che sarà diversa da quella di ieri e di oggi. Credo siamo sulla strada buona, scorrendo la storia vediamo ci sono stati progressi enormi", ha spiegato Amelio
La classe come stanza della scuola e la classe come status sociale. L’ambivalenza terminologica si addice al documentario Registro di classe – libro primo 1900-1960 scritto e diretto da Gianni Amelio e Cecilia Pagliarani, tra i principali titoli odierni alla Festa del Cinema di Roma. Prodotto dall’Istituto Luce-Cinecittà con Rai Cinema e Rai Con offre con dovizia di ricerca un affresco piuttosto esaustivo di ciò che è stato il servizio scolastico dall’Italia monarchica fino al 1960: il “secondo libro” è in produzione e comprenderà il periodo dagli anni 70 ad oggi.
La narrazione della cronaca scolastica avviene per giustapposizione dei preziosi materiali d’archivio raccolti e montati dagli autori: alunni, maestri e professori che mutano pelle e dialetto a seconda degli anni e della collocazione nel Belpaese per lo più analfabeta, la “nuova scuola fascista” e la sua incredibile propaganda, la seconda guerra mondiale, la ricostruzione, il tentativo fallito di standardizzare la scuola, l’arrivo della tv come grande lavagna. Un documento/documentario bello e denso di valore fatto con la preoccupazione della scuola di oggi e di domani.
“Io non posso dire come sarà la scuola di domani, posso solo dirvi che sarà diversa da quella di ieri e di oggi. Credo siamo sulla strada buona, scorrendo la storia vediamo ci sono stati progressi enormi”, spiega Amelio, denunciando tuttavia “un unico neo che si è perpetrato nel tempo, ovvero di chiamare la scuola ‘dell’obbligo’: in realtà si dovrebbe chiamare ‘scuola del diritto’, perchè chi non è andato o non va a scuola è perchè non poteva o non può andarci”. Con scuola “del diritto” Amelio allude anche all’uguaglianza tra classi, giustificando in pieno l’ambivalenza del termine “classe”. Il tema del dialetto, unico idioma che fino agli anni ’60 almeno era la lingua del popolo, è molto caro agli autori.
“Oggi -continua il regista calabrese – i dialetti sono sostituiti dalle lingue materne dei tantissimi alunni extracomunitari che affollano con una media del 30% le classi italiane”. Prendendo la parola la co-autrice Cecilia Pagliarani, che ha per lo più condotto il lavoro di ricerca dei materiali, la conversazione su Registro di classe si fa più politica: “Io sono anche madre e mi sono accorta con grande allarme e dolore che il dibattito sulla scuola è sempre stato importante nel nostro Paese, fin dai tempi di Vittorio Emanuele II: il vero problema è che tale dibattito non si è mai tradotto in pratiche concrete e radicali che potessero fornire al sistema scolastico italiano una vera standardizzazione della qualità lungo tutta la Penisola. E questa grave incapacità si è trascinata fino ad oggi con le tragiche conseguenze che vediamo quotidianamente, a partire dagli edifici che cadono a pezzi o dalla totale mancanza di servizi dignitosi in alcune zone remote d’Italia”. Secondo Pagliarani “tutto questo ha rinforzato la scuola privata che si può permettere di alzare le sue tariffe, vista anche l’assurdo sostegno che riceve dallo Stato. Possiamo dire che il successo delle scuole private rappresenta a buon titolo il fallimento dello Stato repubblicano”.