Rivolgersi dunque, oltre che al grande repertorio sinfonico e romantico, alla scena della ricerca musicale: questo l’intento dell’Orchestra della Toscana (Ort) diretta dal giovanissimo Daniele Rustioni, che nonostante la giovane età dimostra una disinvoltura e una presenza di specie alquanto rara. La versione che sabato 17 ottobre il pubblico del Verdi ha ascoltato di Ionisation di Edgar Varèse è quella per 6 percussionisti al posto dei 13 originari, con un armamentario che spazia dal glockenspiel al tamburo basco, dai piatti sospesi ai woodblock. Un pezzo, questo, ritmicamente regolare ma dalle non poche difficoltà esecutive (specie nel controllo della dinamica), difficoltà nonostante le quali l’ensemble percussionistico ha saputo dar prova di una performance formidabile.
È poi col Concerto per violoncello e orchestra Op. 104 di Dvořák che il pubblico del Verdi si è confrontato col talento solistico del lituano David Geringas, il cui violoncello, oltremodo fluido, vivo e presente, regala agli uditori un suono teso, dritto, senza alcuna possibile inflessione. Dopo il primo movimento, carico di brio e vitale energia, arriva lo struggente, commovente secondo movimento, che Rustioni, vero padrone di casa e sapiente guida dell’Ort, riesce a far brillare in tutta la sua dolcezza e malinconica bellezza. È infine l’intera orchestra a rendere grazie di un grande concerto, quello di Dvořák, sulla chiusura del terzo movimento, laddove il pizzicato di tutti, solido e sospeso, prelude al formidabile crescendo finale. Lo scroscio d’applausi che segue costringe Geringas a ben due bis: nel primo una lenta, libera introduzione, con suoni lunghi e distesi, apre all’esecuzione del Preludio della Suite n.1 per violoncello di Bach. È col secondo dei due bis che Geringas lascia però di stucco la platea del teatro, in una meditazione sonora, costruita su bordoni (note lunghe e tenute al basso) e, inaspettatamente, accompagnata dalla stessa voce del violoncellista lituano, per l’occasione in registro acuto. È infine con la Sinfonia n.4 in Re minore Op.120 di Robert Schumann, l’ultima sinfonia pubblicata dal grande compositore tedesco, che l’Ort rende ragione della propria compattezza: a tratti il direttore, tanta è la cura preparatoria e la dovizia nei particolari, potrebbe anche scomparire, lasciando sola l’orchestra a dar prova della propria grande maturità. Un’apertura di cartellone, insomma, degna delle grande occasioni, in un’atmosfera vivace e cordiale che lascia ben sperare per il resto della stagione musicale del Verdi di Firenze.