Mi piacerebbe vivere come un povero con un sacco di soldi (Pablo Picasso).
Il denaro è il migliore deodorante (Elizabeth Taylor).
Il denaro è la schiavitù moderna (Lev Tolstoj).
La prima edizione che fece furore fu vent’anni fa o giù di lì, per dirla alla maniera di Guccini. Dieci invece gli anni senza Barbara Nativi, mente prima che fondatrice e regista (e tante altre cose di genio e d’intelletto). Numeri importanti per il Teatro della Limonaia con questo riportare alla luce una piece di culto che vide la prima per un Intercity Montreal e la scoperta del drammaturgo canadese francofono Michel Trembley. All’epoca furono oltre trecento le repliche, al quale seguì, a grande richiesta, quel “I Cognati” tutto interpretato da uomini nei panni delle donne del coro. Quindici differenti femmine (cinque erano presenti anche nella prima edizione, Vania Rotondi, Monica Bauco, Silvia Guidi, Marcella Ermini, Stefania Stefanin, dieci le nuove, Ludovica Fazio, Teresa Fallai, Luisa Cattaneo, Silvia Frasson, Diletta Oculisti, Annamaria Guerrini, Caterina Tiossi, Rossella Chirulli, Giada Secchi e Greta Milopulos, e Gabriele Ughi nel ruolo di Johnny) in questo gineceo intriso di miserie e poca nobiltà, di parole storpiate, di desideri minimi, di futuro incerto, di abiti a fiori demodé, di vita di provincia e periferia, dove il consumismo di massa e l’assenza di meritocrazia, come solo sanno essere i concorsi a premi, regnano indisturbati.
E’ per questo che sono bruttissime, con i tratti deformati dall’affaticamento degli anni, dall’usura, stanche e deformi, rugose e trash, agghindate come mascheroni, caricate e sciupate, rovinate come Famiglia Addams, con la cappa del controllo sociale da una parte, di quello religioso dall’altro. La vincita dei punti, che avrebbero dovuto servire a far cambiar vita almeno ad una delle quindici poverette, risulta essere la fossa dalla quale sarà impossibile emergere, il solco tra un prima, nefasto ma almeno accettabile, e un dopo che arriverà a distruggere la minima socialità costruita attorno a rivalse e rinunce, a faide e alleanze momentanee. Come avvoltoi sulla preda, come iene alla ricerca della carcassa, come squali ad annusare il sangue, si aggirano azzannandosi, mordendosi, scannandosi nel loro tunnel senza sentimenti, buio di solitudine, in mezzo agli uomini che le vessano come in mezzo alle proprie simili.
Visto al Teatro Puccini, Firenze, il 30 settembre 2015