Il più felice era il governatore Giovanni Toti, che ha rivendicato la nascita del Piano casa per la Liguria alla stregua dell’epifania di una creatura diletta: “Ne sono particolarmente orgoglioso, il Piano rimette ordine nelle norme in materia di edilizia, eliminando fonti di confusione e di freno agli investimenti privati. La Liguria sarà all’avanguardia per la riqualificazione dell’esistente e per gli interventi legati a nuovi investimenti nell’edilizia”. Le associazioni di categoria dei costruttori esultano e intravedono cantieri e ruspe in azione. Tirano un sospiro di sollievo anche gli edili, 4mila di loro hanno perduto il lavoro negli anni della crisi, e l’altra settimana una delegazione era arrivata in Regione a sollecitare, alquanto bruscamente, la politica a darsi una mossa. “Il piano casa non prevede piscine né piste per gli elicotteri – ha aggiunto Toti – ma solo una riqualificazione dell’esistente e una legislazione urbanistica più chiara e con meno burocrazia che darà una vera scossa al settore dell’edilizia. Vogliamo far ripartire l’economia e senza ripresa dell’edilizia non c’è sviluppo“, ha concluso il presidente.
Tutto bene, allora? Mica tanto. L’approvazione del Piano – è passato in giunta ed entro l’anno arriverà in consiglio – ha già sollevato aspre critiche anche da parte degli ex esponenti delle giunte di centrosinistra. Toti non sì è lasciato sfuggire l’occasione di ricordare a Burlando & Co i danni al territorio ligure prodotti durante il decennio di governo di chi oggi è passato all’opposizione. “Quelli che frignano oggi sono gli stessi che non hanno impedito la cementificazione selvaggia della Liguria senza però rilanciare gli investimenti e quindi la ripresa”. Liguria cementificata, dunque. E’ prossimamente ancora cementificabile. Il nuovo piano casa che avrà carattere permanente, perché – è stato spiegato nella conferenza stampa di presentazione – cittadini e imprese devono sapere che le loro richieste non decadranno col tempo.
Il Piano – cui dovranno conformarsi gli strumenti urbanistici dei Comuni – è stato concepito all’insegna di un’ampia deregulation, decisa prendendo giustamente spunto dalla farraginosità delle normative precedenti e dall’inutile intreccio di disposizioni in mano alla burocrazia. Lacci e lacciuoli che secondo Toti hanno scoraggiato gli interventi dei privati e gli investimenti delle imprese. Con il pretesto di semplificare e disboscare, però, il Piano autorizza interventi edilizi radicali.
Il più pericoloso è l’ampliamento degli edifici esistenti da riqualificare ammesso in tutti i parchi liguri (sono dieci), sotto il controllo dell’Ente Parco. Entrano dunque nella nuova normativa i Parchi di Portofino, Cinqueterre, Portovenere, Montemarcello Magra, ossia i territori più pregiati e delicati che ne erano esenti. Toti esulta. “I parchi sono troppi, provvederemo in seguito a ridefinirne i confini e a variare le normative specifiche. Ma non si dica che daremo via libera alla cementificazione. Certo se un tedesco vuole ristrutturare un casale in territorio di parco lo potrà fare”. E’ il grimaldello per aprire i parchi alle ruspe. Perché al casale ristrutturato e abitato servirà una strada carrozzabile, e i collegamenti con le utenze e magari sarà necessario costruire un parcheggio o persino una piattaforma per consentire l’atterraggio degli elicotteri.
Toti si ribella a questa visione: “Saranno mantenuti tutti gli strumenti di controllo ambientale, la difesa del suolo e del paesaggio”. Ma il presidio di controllo e verifica sfuggirà delle mani dei comuni, a volte effettivamente troppo rigidi ma comunque sempre all’erta su eventuali scempi, per riposare esclusivamente nei vertici degli Enti che saranno come sempre oggetto di mercimonio politico. E’ quanto sta già accadendo per la presidenza dell’Ente parco di Portofino. Il governatore nega: “I parchi hanno bisogno di una nuova governance, di manager che sappiano mettere a profitto le bellezza naturali e attirare investimenti. Non faremo nomine politiche”.
Altri punti critici del Piano. Via l’obbligo del 20% di edilizia popolare. Sono aboliti i vincoli esistenti alla demolizione di edifici da riqualificare e ricostruire: Il Piano è applicabile anche agli edifici condonati, l’ampliamento degli edifici esistenti è aumentato da 170 metri cubi a 200 metri cubi in proporzione all’edificio esistente. Qualche zona chiara c’è. Ad esempio la percentuale degli edifici da ricostruire è stata elevata dal 35% al 50% per quelli che si trovano in aree esondabili o in zona franosa e che sono ricostruiti in zone sicure. Nessun accenno, solo un generico impegno politico a valutarne la modifica, alla norma, introdotta da Burlando, che consente di costruire fino a cinque metri dall’alveo dei fiumi ma solo in zone non a rischio.
L’assessore all’edilizia, Marco Scajola, nipote dell’ex ministro Claudio, è incappato in una disavventura. Un giornale gli ha attribuito la frase: “Ci daremo da fare per ottenere dall’Unesco per il parco delle Cinqueterre il riconoscimento di patrimonio dell’Umanità“. Peccato che quel titolo sia stato assegnato nel 1997. “Evidentemente a sua insaputa”, ha chiosato maligna Raffaella Paita, candidata del Pd sconfitta da Toti, rievocando la gaffe dell’allora ministro sulla casa al Colosseo. “Ringrazio la professoressa Paita per la lezione – ha replicato Scajola junior – ma sapevo benissimo che il titolo c’era già. Io parlavo dei nostri tentativi di varare il piano di gestione del parco che invece non c’è”.
Il Movimento 5 Stelle non ha atteso la conferenza stampa per scendere sul piede di guerra. In una nota Marco De Ferrari, portavoce del Movimento, scrive che “il Piano Casa burlandiano, già definito a suo tempo da associazioni ambientaliste ‘il più devastante d’Italia’, viene rilanciato con maggiore forza e impatto, anche in zone di tutela come i parchi. Li aspettiamo in Commissione e Consiglio. Fermeremo la cementificazione. Ci vuole un #PianoSuolo, non abbiamo bisogno di nuova cementificazione! C’è bisogno di un piano che inverta la rotta, avvii la decementificazione, la naturalizzazione, la ripermeabilizzazione del territorio!”.