L’Isola del tesoro l’ha conquistata Marc Marquez, con tanto di hat trick, cioè giro veloce, pole e vittoria. Una vittoria incredibile come l’ultimo, mostruoso giro di Marc in 1’29”280. Ma tra i quattro pirati che hanno dominato la gara probabilmente più bella dell’anno, ce n’erano due che si giocavano tutto per salire sul podio di Phillip Island (Marquez e Andrea Iannone), e altri due che erano alla ricerca di un bottino diverso. Quello racchiuso nel forziere di fine stagione.
Jorge Lorenzo ha fatto la gara che da lui ci si aspettava. Martello pneumatico e costante, sempre nei primi tre fin dal primo turno di prove libere del venerdì. Chiude secondo, e la delusione per essere stato a meno di mezzo giro dai 25 punti c’è. Ma in fondo “è molto meglio guadagnare sette punti che quattro”, dice. I punti, sette, sono quelli erosi al tesoretto di casa Rossi, che continua ad essere l’ammiraglio del mondiale ma con molta più inquietudine di prima.
Tra i due piloti Yamaha c’è Iannone, che non fa altro se non il suo lavoro, cioè essere veloce e andare forte. È a lui che Jorge deve dire grazie per aver rubato quei tre punticini al Dottore. Proprio a lui, che solo 24 ore prima aveva scatenato le ire dello spagnolo per aver sfruttato la sua scia nel secondo turno delle qualifiche. Ironia della sorte, è il caso di dire. Ma è davvero tutto merito o colpa – a seconda di come la si veda – del guastafeste di Vasto? Certo che no. In quella che Lorenzo definisce “la gara più spettacolare della stagione”, Valentino e il suo team hanno commesso un errore da matita blu.
Lo hanno fatto sbagliando completamente la Q2. Rossi settimo a +0.734 da Marquez, tanto da essere costretto ad ammettere, ai microfoni di Sky Sport MotoGp, che “non abbiamo lavorato bene questo weekend, abbiamo perso tutto il sabato dietro soluzioni che non hanno funzionato”. Errori che si pagano. Dieci o quindi anni fa, si sarebbe potuto rimediare. E il paragone è semplice, perché allora il Dottore correva già nella top class, e lo ha dimostrato più volte. Ma oggi non è più così, per nessuno. Partire dalla terza fila non significa pregiudicare la propria gara, in MotoGp. Però vuol dire essere costantemente sotto pressione, non potersi permettere il minimo errore, e dover partire a razzo.
Quella di Phillip Island resterà negli annali come la gara più divertente del 2015. Ma è anche l’unica nella quale Rossi, piaccia o non piaccia, non era da podio. Perché anche a Misano non ci è salito, sul podio, ma quella del Gp di San Marino e della Riviera di Rimini è stata una gara strana, in cui la vicendevole cura dedicata all’altro da Jorge e da Vale ha provocato un cumulo di errori strategici ad entrambi. E sul podio, con Marquez, alla fine ci sono saliti Bradley Smith e Scott Redding.
A due gare dalla fine, con 11 punti a dividere Jorge da Valentino, tutto è possibile. L’unica certezza, al momento, è che stiamo vivendo una delle stagioni più avvincenti di tutta l’era MotoGp. Con un livello assurdo e un testa a testa tanto incredibile quanto imprevedibile. Perché i circuiti favorevoli a Rossi, quest’anno, sono stati determinanti per Lorenzo; e le piste dove il maiorchino ha sempre fatto la differenza hanno visto prevalere l’italiano. Jorge, adesso, non vorrebbe tirarsi indietro nemmeno a Sepang, su un tracciato che tradizionalmente sorride al Dottore. E allora via, all’arrembaggio. Pronti a salpare per la Malesia. Dove è nascosta un’altra parte di questo incredibile, prezioso tesoro.