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Thomas Sankara 28 anni dopo: il Burkina Faso in trincea per la giustizia e la libertà

Dalla storia tragica e dimenticata dell’Africa trae origine un presente d’ingiustizia, miseria e conflitti, che spinge molti ad emigrare in cerca di fortuna. Vista dall’Europa, quella che pare una fuga di massa farebbe pensare che gli africani non abbiano fatto granché della loro indipendenza; e che al di là delle responsabilità occidentali, si siano lanciati alla ricerca di un miraggio, piuttosto che pensare a costruire i loro paesi: il miraggio di un’Europa non più così ricca e già alle prese con i propri problemi. Ma sarà davvero questa la realtà?

Osservando l’Africa da più vicino, vedremo certo guerra, fame e fuga, ma anche resistenza, impegno, coraggio; come in Burkina Faso, un piccolo paese del Sahel che, 28 anni dopo l’uccisione del suo presidente Thomas Sankara (il 15 ottobre 2015) vive una nuova grande stagione di conflitto politico-sociale.

Ce ne ha parlato il musicista, blogger e attivista civico Souleymane Ouedraogo, che è anche il responsabile della comunicazione del “Balai Citoyen” (la “Ramazza Cittadina” che spazza via la corruzione e l’ingiustizia), un movimento nato poco dopo il senegalese “Y En A Marre” (“Basta così”) che fin dal 2011-2012, grazie alle nuove tecnologie della comunicazione, aveva mobilitato i giovani senegalesi impedendo che l’ex presidente Abdoulaye Wade ponesse a capo del paese il proprio figlio.

Quanto al Burkina, “Nell’ottobre 2014 il nostro paese ha conosciuto grandi manifestazioni che hanno spinto l’ex-presidente Blaise Compaoré alle dimissioni, dopo 27 anni di potere, per via di un progetto di modifica costituzionale che avrebbe dovuto permettere a Compaoré di ripresentarsi nel 2015 e restare poi presidente a vita grazie a un sistema di corruzione e frodi elettorali”. Dopo il periodo della rivoluzione sankarista, i 27 anni di Compaoré sono stati “anni di miseria e di stagnazione. I moti popolari e la caduta del regime sono la fine logica di un antico malcontento; una fine provocata soprattutto da giovani che hanno conosciuto solo Compaoré, ma considerano il presidente Sankara come un’icona. Sankara è il padre spirituale, la guida invisibile del nostro movimento, il “Balai Citoyen”. Le forze militari ed i cacicchi del sistema hanno orchestrato una contro-rivoluzione, ma i tentativi di restaurazione sono falliti grazie alla determinazione del popolo. Evacuato dall’esercito francese verso la Costa d’Avorio, Compaoré ha promosso il putsch del 16 settembre 2015. Le autorità dei paesi della regione e della CEDEAO (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) hanno proposto compromessi anacronistici. Ma dopo la rivoluzione tunisina, i tempi sono cambiati, e grazie all’insegnamento di Sankara, il Burkina è giunto alla maturità, e ha detto no a questo club di capi di Stato che sostiene le élites e disprezza i popoli. Possiamo fare un parallelo con la Grecia, che ha osato rimettere in questione la sua presenza in seno all’Ue per evitare l’imposizione di una perdita di sovranità. E tuttavia non si è potuta affrancare. Anche il Burkina subisce l’influenza delle potenze straniere, come si è visto”.

Ma come ha potuto Thomas Sankara, che fu ucciso 28 anni fa, influenzare talmente il presente? Per Souleymane Ouedraogo, “Sankara era del tutto diverso dagli altri presidenti per via della semplicità e del rigore che imponeva a se stesso e ai membri del suo governo. Salito al potere nel 1983, in quattro anni Sankara ha realizzato grandi riforme. Da anticolonialista, promosse i valori endogeni del Burkina Faso (“Paese degli Uomini Integri”, come lui stesso rinominò l’antico Alto Volta) per limitare l’influenza culturale occidentale. I prodotti industriali importati erano per lui una prova del sistema di dominio globale. Bisognava produrre e consumare più prodotti locali. I funzionari, e lui stesso, erano tenuti a portare vestiti in cotone locale tessuti localmente. In poco tempo, Sankara ha garantito due pasti al giorno a tutti e sviluppato strategie di vaccinazione che hanno fatto precipitare la mortalità infantile. Ha imposto ai ministri la Renault 5 al posto delle berline di lusso, combattuto la corruzione, promosso la trasparenza. Ha abbassato gli affitti e costruito migliaia di alloggi, scuole e centri di salute. Ha fatto arretrare il deserto piantando milioni di alberi e lanciando una grande riforma agraria per ridistribuire le terre ai contadini. Ha sostenuto le donne, proibendo le mutilazioni genitali e rinforzando la loro partecipazione alla vita pubblica”.

Malgrado tutto ciò, o forse per questo, Sankara è stato ucciso. “Poco tempo prima di essere assassinato, Sankara aveva lanciato una iniziativa pan-africana per rifiutare di pagare il debito, un debito ingiusto, imposto per perpetuare l’asservimento degli africani. La gioventù continua a vedere in Sankara un’icona la cui immagine è presente su muri e magliette. Le sue idee continuano ad animare i dibattiti in Africa e sempre più movimenti rivendicano la sua eredità. Ma la visione di Sankara è poco accettata dai presidenti africani, che non vogliono sentire parlare di modestia né di trasparenza o di obbligo di rendere conto al popolo. Le aspettative restano enormi sul piano della giustizia, per i crimini economici e di sangue commessi sotto l’“ancien régime”. La democrazia ha molti progressi da compiere per portare benefici a tutti e la via dello sviluppo proposta da Sankara è tuttora un’alternativa credibile”.

Ma anche se in Burkina il popolo si batte per una vera democrazia, i problemi del continente restano irrisolti, spingendo carovane di disperati a emigrare o a fuggire da conflitti. Ma l’Europa non è più l’Eldorado. Che cosa rischia di succedere nei prossimi anni? “Secondo i media occidentali – spiega Ouedraogo – l’Europa affronta la sua più grave crisi migratoria dai tempi della seconda guerra mondiale e sarebbe a rischio d’invasione da parte di orde di migranti e di rifugiati. Ma per i rifugiati che fuggono da zone di guerra sono protetti dal diritto d’asilo e l’Europa ha un dovere d’assistenza. Alcuni paesi hanno eretto muri alle loro frontiere per impedire l’arrivo dei profughi. Sono reticenti perché in maggioranza i profughi non sono cristiani, il che minaccerebbe l’identità giudeo-cristiana europea. Dal nostro punto di vista, argomenti così fanno sorridere, poiché è stata proprio l’Europa a deculturare l’Africa, introducendo il cristianesimo e le lingue ufficiali in vigore ancora ai nostri giorni. L’Europa affronta un problema che ha contribuito a creare e di cui esagera la portata. I flussi non cesseranno tanto presto, visto che le loro cause permangono e si accentuano. L’Italia in particolare ha subito per prima gli assalti ripetuti degli africani che vogliono a tutti i costi raggiungere l’Europa partendo dalla Libia in preda ad una guerra che le è stata imposta. Una delle opzioni, a termine, sarà quella di affrontare il vero dibattito e agire sulle cause: il cittadino italiano ha il diritto ed il dovere d’interpellare le autorità del suo paese sul loro grado di coinvolgimento nelle catastrofi che generano rifugiati come la destabilizzazione della Libia, della Siria e la persistenza del conflitto Israelo-Palestinese”.

“Il mondo – aggiunge il musicista – è in movimento e le risorse sono in diminuzione. Nuovi poli di crescita si sviluppano, pompano e trasferiscono dinamiche economiche dall’Europa verso l’Asia. La legge del mercato sgretola e attacca dei modelli di società che furono un tempo profondamente radicati. La piena occupazione diventa un’utopia. Il confort e l’opulenza non possono crescere esponenzialmente, perché la crescita non può essere infinita in un mondo finito. La paura e il rigetto dello straniero, il sentimento d’insicurezza, l’aumento degli estremismi sono una cupa realtà”.

“È necessaria una rivoluzione culturale – conclude Ouedraogoper – adattarsi a cambiamenti che sono ineluttabili. Bisognerà adattarsi a questo nuovo dato. L’egemonia culturale, la purezza della razza, l’economia di mercato, il materialismo sono altrettante fortezze ideologiche condannate a crollare come crollò il muro di Berlino”.

Il bellissimo documentario di Silvestro Montanaro su Thomas Sankara