Capitano nella vita cose inaspettate, e se così non fosse la vita sarebbe solo una lugubre sala d’attesa. Io e mio fratello Roberto, grazie alla casa editrice Le Milieu, siamo diventati amici di Bruno Zanin, ricordate il Titta di Amarcord, quello che soffiava sulle tette immense della tabaccaia? Proprio lui. La scena è entrata nell’immaginario collettivo mondiale, ma sarebbe ingiusto ridurre la carriera di Bruno a quella scena (anche se molti attori pagherebbero oro per fare parte di una scena così famosa ).

Bruno nel tempo ha lavorato con Ronconi, Strehler e Montaldo, tanto per citare alcuni nomi non proprio di secondo piano. Si è dato anche alla scrittura grazie all’incoraggiamento
di Dudù. Per chi non lo sapesse Dudù è Raffaele La Capria. E mi piace pensare che un classico come – Ferito a morte – sia stato scritto da Dudù La Capria!
Il caso (benedetto caso, a volte maledetto ) ha voluto che Bruno tornasse sul set dopo tanti anni proprio nella mia zona di villeggiatura: Massa e Carrara. Non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di girare un ritratto a Bruno Zanin, il set era quello di Cronaca di una passione, di Fabrizio Cattani, un regista di Colonnata. Protagonisti del film in questione sono Vittorio Viviani e Valeria Ciangottini. Sì, avete capito bene, Valeria Ciangottini è un’altra icona del cinema felliniano, è la ragazza dal viso d’angelo che nel finale de La dolce vita fa dei gesti misteriosi a Marcello Mastroianni, e dice qualcosa che non si capisce, le sue parole vengono portate via dal vento e soffocate dal rumore del mare.

Così ho seguito con la mia videocamera Bruno che gironzola sul set con la freschezza di un fanciullo dagli occhi “polinesiani “, l’ho ripreso mentre fa il simpatico impiccione, mentre parla con i membri della giovanissima troupe e, momento topico per un cinefilo, mentre conversa con Valeria Ciangottini, in pratica la sensazione era di riprendere “Amarcord che parla con La dolce vita”, due capolavori, a contatto , una sensazione straordinaria per chi ama il cinema. E il significato di quelle parole rubate dal vento nel finale de La dolce vita resterà sempre un mistero, un puro mistero cinematografico, non ho voluto indagare, anche se la curiosità era tanta.

Ognuno può immaginare quello che vuole, è sicuramente il simbolo di una purezza ormai irraggiungibile che fa da contrasto con i postumi dell’orgia. Per amore di verità va detto che Bruno sul set è un professionista molto serio, si cambia d’abito quando c’è la pausa pranzo, così evita di macchiare i vestiti di scena, e non perde mai di vista il proprio personaggio, anche se la sua curiosità formicolante lo rende facile alla chiacchiera. Porta con sé un libro al quale tiene molto, un libro dove ha riversato tutto se stesso  – Nessuno dovrà saperlo – è il titolo (chi vuole leggerlo può contattare Zanin su facebook ).

Per concludere, Bruno è un uomo dalla solitudine affollata, si è rifugiato da anni in montagna, passa il tempo a scrivere, a camminare, a spaccare legna, gli abitanti del villaggio lo chiamano “l’attur “, forse lo considerano mezzo matto, ma non sanno che in un cassetto della sua casa c’è la corrispondenza con uno dei più grandi geni del cinema: Fellini. Bruno, la vita è una festa : viviamola assieme! Ma senza tradire il silenzio, nessuno dovrà saperlo. Il fantasma del Maestro ci sussurra: giocate e siate felici.

 

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