Il caso è diventato anche politico e ha raggiunto Roma. Tre parlamentari di Sel hanno rivolto un'interpellanza al ministro dell'Interno. L'operazione rischia inoltre di avere ripercussioni forti in una città, oggi a maggioranza Pd-Sel, che fra otto mesi va al voto per eleggere il nuovo sindaco
È lo sgombero più imponente che Bologna ricordi da molti anni. Decine di famiglie e moltissimi occupanti, più di 200 in totale, sono state costrette ad andare via dalla ex sede Telecom di Bologna, portandosi dietro passeggini con bimbi piccoli, valigie, cartelle scolastiche, con dentro tutti i loro averi. Il caso è ormai diventato anche politico e ha raggiunto Roma. Tre parlamentari di Sel hanno rivolto un’interpellanza al ministro dell’Interno Angelino Alfano chiedendo se “vista l’evidenza di interventi attuati ripetutamente senza il coinvolgimento delle istituzioni locali e mettendo a rischio diritti costituzionalmente garantiti, non ritenga di dover rimuovere prefetto e questore di Bologna dal loro incarico”. L’interrogazione è firmata dai parlamentari Arturo Scotto, Nicola Fratoianni e Giovanni Paglia e mette in discussione gli sgomberi, tre in dieci giorni. Lo stesso Nichi Vendola ha detto che “Bologna non può trasformarsi da città dei diritti in città degli sgomberi”.
L’operazione rischia di avere ripercussioni forti in una città, oggi a maggioranza Pd-Sel, che fra otto mesi va al voto per eleggere il nuovo sindaco. Lo stabile, di proprietà di una immobiliare tedesca e da oltre dieci anni inutilizzato, è da tempo sotto sequestro. Durante l’estate il sindaco Pd Virginio Merola era finito indagato per avere allacciato l’acqua agli occupanti, che rischiavano di rimanere a secco in virtù del discusso articolo cinque della legge Piano Casa.
L’amministrazione comunale inoltre, nel tentativo di tamponare il problema abitativo in città e porsi in un atteggiamento di mediazione, aveva annunciato un piano per cercare di dare un tetto, in palazzi di enti pubblici dismessi, a famiglie in difficoltà abitativa, comprese quelle che occupavano diversi edifici in città. Pochi giorni fa, dopo uno degli sgomberi, l’assessore ai servizi sociali Amelia Frascaroli, eletta in quota Sel, aveva denunciato di non essere stata avvisata dalla Questura e aveva parlato delle occupazioni che creano “valore sociale”. Dopo l’inizio dell’operazione all’ex Telecom, l’assessore su facebook ha pubblicato il suo sfogo: “Ho sempre lavorato e fino ad un minuto prima dell’intervento delle forze dell’ordine, perché non si arrivasse a questa situazione. Eppure – ha spiegato l’assessore su Facebook – nonostante i miei sforzi, non sono riuscita ad evitarlo. Ognuno ha le sue responsabilità, io ho delle responsabilità politiche ma queste sono terminate necessariamente – e mio malgrado- con l’arrivo della polizia. Non si dica mai, quindi, che io voluto questo sgombero perché è falso”.
Fin dall’alba la struttura era stata circondata da decine di camionette e dalle sette del mattino l’intera zona è stata chiusa al traffico. All’esterno in mattinata ci sono stati alcuni momenti di tensione, culminati con una carica di polizia e carabinieri in tenuta antisommossa contro un gruppo di attivisti che manifestava contro l’operazione. Due persone sono rimaste ferite. Le manifestazioni sono continuate anche durante il pomeriggio. Uno dei portavoce del collettivo Social Log, che quasi un anno fa aveva organizzato l’occupazione, ha detto che nei locali dove si erano rifugiati donne e bambini si è verificato uno “sgombero violento, con strattonamenti e scalciate”. Tanti tra gli occupanti all’uscita hanno raccontato di essere stati picchiati. Immagini pubblicate sulla pagina Facebook del collettivo testimonierebbero momenti di tensione e confusione tra i corridoi dove gli agenti sono entrati in tenuta antisommossa.
Il Comune di Bologna (i cui uffici hanno sede proprio di fronte all’ex Telecom) è stato impegnato con i servizi sociali fin dalla prima mattina. Prima è stata tentata una trattativa. Fallita questa e iniziato il vero e proprio sgombero, gli operatori dei servizi sociali hanno lavorato per dare una prima accoglienza alle famiglie che dopo dieci mesi rischiano di non avere un posto in cui andare a dormire. “Il Comune è pronto ad accogliere le famiglie con minori e le persone con fragilità sanitarie”, ha assicurato l’amministrazione. In serata, con la discesa dal tetto di alcune decine di persone, la situazione è tornata calma e le famiglie hanno iniziato a fare la fila negli uffici del comune, per capire dove passeranno la notte.