Quale miglior inizio di stagione poteva regalare al suo pubblico, per l’occasione numerosissimo, il Teatro dell’Opera di Firenze se non un’opera fresca, brillante e leggera come il Così fan tutte del duo Mozart-Da Ponte? Un allestimento scenico in chiave moderna, tra costumi da bagno e palestre ultra accessoriate, quello con cui al Teatro dell’Opera fiorentino ha ripreso vita la terza e ultima opera in italiano musicata dal genio salisburghese: riadattamento ardito che, come da previsione, non poteva certo riscuotere l’unanimità dei consensi, ma che invero consente di rivivere la grandezza musicale mozartiana sotto una nuova luce, tra colori e tendaggi dal grande impatto visivo e dalle mille sfaccettature cromatiche. Un cromatismo tutto giocato dalla grande maestria dei mille effetti luce, una luce in grado di restituire l’atmosfera emotiva e drammaturgica, continuamente mutevole, di un’opera irta di continui colpi di scena: fra tutti risulta eccellente il quadro che ospita il duetto tra Dorabella e Guglielmo. Lei desidera finalmente tradire, mentre lui, fingendo d’amarla e desiderarla, in cuor suo si dispera per Ferrando, reale fidanzato di Dorabella: le luci che commentano la scena sono irreali, di un’alba straniante o un tristissimo crepuscolo. Un pregevole cast vocale (Carmela Remigio – soprano – era Fiordiligi, Anna Goryachova – mezzosoprano – era Dorabella, Giulia Semenzato – soprano – era Despina, Juan Francisco Gatell – tenore – era Ferrando, Simone Alberghini – basso – era Guglielmo, Omar Montanari – baritono – era Don Alfonso) ha poi donato arie, duetti, terzetti, quartetti e sestetti dalla nobilissima esecuzione, in un continuo susseguirsi di scene e situazioni che hanno saputo emozionare e, in più di un’occasione, divertire e far sorridere il pubblico in sala.
Una Despina, Giulia Semenzato, che alle incredibili doti vocali ha saputo affiancare un’eccellente performance attoriale, calandosi perfettamente nel personaggio, interpretandolo nelle sue mille trasformazioni (da cameriera a dottore, da dottore a notaio e, infine, nuovamente cameriera) con una libertà psicologica e scenica degna dei più grandi. Un’opera, il Così fan tutte, che cela, dietro una trama solo apparentemente frivola e leggera, una notevole profondità di pensiero, ergendosi a pieno titolo quale opera dai grandi contenuti filosofico-morali: il gioco, perverso, è quello di voler dimostrare, a ogni costo e attraverso mille escamotage, l’infedeltà delle proprie amanti, quasi in una sorta di caccia alle streghe dall’esito abbastanza prevedibile. Un gioco nel quale i due protagonisti maschili, contrariamente all’Otello shakespeariano, indotti dal cinico Don Alfonso creano e non subiscono il perverso disegno all’interno del quale le due povere vittime, Fiordiligi e Dorabella, si trovano a doversi districare. L’infedeltà, come in ogni caccia alle streghe che si rispetti, sarà infine provata: le due amanti cedono sotto i continui colpi, le continue tentazioni, fomentate dagli insidiosi suggerimenti di una infedelissima Despina, dimostrando infine, a un livello psicologico più profondo, che noi stessi creiamo la realtà nella quale viviamo.
L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, mirabilmente diretta per l’occasione da Roland Böer, saluta il pubblico del Teatro dell’Opera, fin dalle primissime note dell’Ouverture, con carica e brillantezza, col giusto spirito che le pagine mozartiane pretendono. La buca orchestrale, in questo nuovo allestimento, si trasforma in una vera e propria piscina, sulla quale senza soluzione di continuità affaccia la palestra dove i vari personaggi dell’opera trascorrono le loro giornate, tra massaggi e chiacchierate. Singolare e originale dunque l’idea di far venir fuori i protagonisti dell’opera, in costume da bagno, dalla stessa buca/piscina dell’orchestra, proprio come se avessero appena finito di fare due vasche. I costumi di Silvia Aymonino sono ricchi di colori e si sposano perfettamente con le scene di Maurizio Balò, in un blu e un bianco di sapore amalfitano, che, veri fil rouge di tutti i quadri dell’opera, dominano sovrani il suo sviluppo. Un dubbio suscita il costume col quale Despina, che ricordiamo essere una cameriera, fa ingresso in scena: un vestitino d’alta moda che tutto può rappresentare fuorché lo status d’una vera cameriera, ingannando per qualche istante il pubblico fiorentino. Un altro piccolo dubbio, invece, è relativo alla scelta di trasformare i due signori albanesi (travestimento dei due protagonisti maschili, Ferrando e Guglielmo) in una specie di maharaja indiani, che addirittura lungo il corteggiamento tengono le mani giunte a mo’ di preghiera: una mistura che rischia di risultare un tantino grottesca.
Detto ciò, occorre sottolineare come l’allestimento, così ben curato ed elegante, riesca da solo a dar ragione di cosce in vista e torsi nudi. Non mancano poi alcune soluzioni inerenti la spazializzazione del suono, come quando, nella scena del notaio, il coro, dispostosi al centro della platea, da questa posizione duetta coi solisti in scena, per il gusto di portare il suono fino in mezzo agli spettatori. Nonostante la mancanza di richieste di bis, gli applausi, copiosi, non mancano per nessuna delle arie solistiche di questa primissima del Teatro dell’Opera di Firenze, con un Così fan tutte che vince e convince.