Stupefacenti: un detenuto su tre è in custodia cautelare o condannato per reati connessi a spaccio e detenzione. Una sottile linea lega le carceri alle leggi sulle droghe
Il 12 febbraio 2014, la Corte Costituzionale ha stabilito l’incostituzionalità della cd Fini-Giovanardi, una delle leggi più discusse del Paese. Di conseguenza, torna in vigore la precedente legge Iervolino-Vassalli introdotta nel 1993. Alla vecchia normativa si aggiungono anche alcune modifiche apportate dal decreto Lorenzin che tendono a differenziare le droghe leggere, nella fattispecie hashish e marijuana, dalle così dette droghe pesanti. È stato riconosciuto ai detenuti il diritto di ottenere il ricalcolo delle pene sulla base della normativa così come uscita dalla sentenza della Consulta. La procedura prevista dal codice è quella dell’incidente d’esecuzione presso il giudice che ha emesso la sentenza di condanna. C’è però chi è ancora in carcere illegittimamente e non riesce a far valere i propri diritti, causa lentezza della lenta macchina della giustizia e i registri informatici che non riescono a rilevare le richieste. Tanti quindi hanno già scontato la pena illegittima fino alla fine e molti, alcune migliaia, sono ancora in carcere in attesa che venga fissata la Camera di consiglio.
Come al solito, solo chi ha risorse e un buon avvocato può vedersi riconosciuto un diritto.
Dobbiamo constatare con amarezza che il governo non ha colto l’occasione offerta dalla Corte Costituzionale e sostenuta dalla Cassazione per cambiare passo sulla politica delle droghe. Così oggi abbiamo in vigore la resuscitata Iervolino-Vassalli e alcune parti della Fini-Giovanardi non abrogate che già il programma del governo Prodi del 2006 prometteva di superare. Certo alcune novità sono state introdotte soprattutto per rispondere alla situazione insostenibile del sovraffollamento delle carceri per cui l’Italia è stata condannata dalla Cedu: dall’introduzione della fattispecie autonoma per i fatti di lieve entità con una pena da sei mesi a quattro anni di reclusione (però senza distinzione tra le sostanze) all’ipotesi alternativa di irrogazione della pena del lavoro di pubblica utilità.
La legge Fini-Giovanardi è stata considerata una legge carcerogena. In molti sono intervenuti sull’argomento: attivisti, giuristi e ricercatori che hanno dimostrato il perché questa legge fosse complice del fenomeno del sovraffollamento delle carceri. La diminuzione di 9000 unità nel corso del 2014 è determinata dal calo dei detenuti per detenzione e spaccio di stupefacenti di circa 5500 unità. È evidente il peso che l’abrogazione della legge Fini-Giovanardi, la differenziazione di pene per le cosiddette droghe leggere e il non ingresso in carcere per i casi di lieve entità hanno prodotto. Purtroppo, l’amministrazione penitenziaria e il ministero della Giustizia non sono in grado di fornire dati più dettagliati sugli effetti delle diverse fattispecie penali determinate dalla legge sulle droghe e su quelli della declaratoria di incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi. Rimane irrisolto il problema della carenza di posti nelle comunità terapeutiche ove far scontare la pena in misura alternativa. E’ una questione di risorse economiche e di scarichi di responsabilità tra Comuni e Regioni, intanto a farne le spese rimangono i più deboli, quelli di cui non si parla mai perché non interessano a nessuno. Non interessano alle televisioni, quindi non interessano a don Mazzi.
di Cosmo Di Biase
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