Il dato emerge da una ricerca del centro studi per l'associazione che riunisce le compagnie di assicurazione. Il governo ha deciso di innalzare da mille a 3mila euro la soglia entro cui è consentito di pagare cash e non ha introdotto sanzioni per chi non rispetta l'obbligo di installare il terminale per pagare con il bancomat
Un terzo degli italiani ammette di pagare le visite mediche in nero. E il 14,4% fa a meno della fattura quando passa alla cassa nello studio del dentista. I dati, contenuti in una ricerca del Censis sulla “sostenibilità del welfare italiano”, saltano all’occhio nei giorni in cui non si placa la polemica sull’innalzamento da mille a 3mila euro del tetto all’uso del contante che il governo Renzi ha deciso di inserire nella legge di Stabilità. Una “scelta sbagliatissima” secondo il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, mentre il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti parlando con Il Fatto Quotidiano l’ha definita “un favore alla criminalità“. Ma sarà anche un favore per i professionisti che non rilasciano la fattura, medici compresi. Un fenomeno molto diffuso, stando al rapporto del centro studi, in base al quale nell’ultimo anno “al 32,6% degli italiani è capitato, direttamente o a un membro della famiglia, di pagare prestazioni sanitarie o di welfare in nero”. La percentuale, rileva la ricerca, sale al 41% nel Meridione e si attesta al 36,4% al Centro, mentre al Nord-Ovest la percentuale si ferma al 28,6% e al Nord-Est al 17,1%.
Per quanto riguarda le sole visite mediche specialistiche, “sono state pagate in nero nel 31% dei casi al Sud, nel 23,7% al Centro, nel 19,2% al Nord-Ovest e solo nel 5% delle situazioni al Nord-Est”, spiega il centro studi. Hanno invece pagato prestazioni odontoiatriche senza fattura il 19,2% degli intervistati del Centro, il 17,9% del Sud e Isole, il 12,7% del Nord-Ovest e il 5,8% del Nord-Est. Proprio il Nord-Est però si distingue per il dato relativo alle ripetizioni private di matematica, lingue o altre materie, visto che “il 4,5% degli intervistati residenti in questo territorio ha ammesso di aver acquistato il servizio in nero contro il 2,7% del Centro e l’1,1% del Sud e Isole”.
L’obbligo del Pos resta solo sulla carta – Di sicuro non aiuta il flop della legge del 2014 che ha introdotto il discusso obbligo del Pos per commercianti e professionisti, ma senza prevedere sanzioni per chi non si adegua né sconti fiscali per le transazioni fatte con il bancomat. L’anno scorso la direttrice dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi, dopo aver fatto presente che la possibilità di pagare cash “alimenta l’economia sommersa”, aveva chiesto che il governo incentivasse l’uso della moneta elettronica. Ma su questo fronte l’esecutivo non si è mosso. A marzo è stato presentato in Senato un nuovo disegno di legge che, al contrario di quello dell’anno scorso, prevedeva l’introduzione di sgravi e di multe fino a 1.500 euro per chi non avesse installato il Pos. Ma a maggio, dopo le proteste degli ordini professionali, il ddl è stato ritirato.
La ricerca realizzata per le compagnie di assicurazione – Il dato sui pagamenti in nero è contenuto in un’indagine realizzata dal Censis per il forum Ania-consumatori, da cui emerge anche che quattro famiglie su dieci hanno rinunciato a prestazioni sanitarie almeno una volta nell’ultimo anno a causa delle lunghe liste di attesa nella sanità pubblica e dei costi proibitivi di quella privata. Per inquadrare la ricerca occorre però ricordare che nel consiglio direttivo del centro studi presieduto da Giuseppe De Rita e di cui è segretario generale il figlio Giorgio siede Carlo Cimbri, amministratore delegato di UnipolSai. E che l’Ania è l’associazione che riunisce le compagnie di assicurazione, che spingono da tempo per una crescita della spesa per la salute “intermediata”, cioè veicolata da polizze private pagate dai cittadini.
In base ai risultati dell’indagine, comunque, circa la metà delle famiglie ha dovuto rinunciare in un anno ad almeno una prestazione di welfare, dalla sanità all’istruzione. In media nel 2014 il 14,2% degli italiani, si legge nella ricerca, ha rinunciato ad andare dal dentista, percentuale che sale al 32,3% se si considerano solo le persone a basso reddito. Le quote più elevate sono “nei Comuni con al massimo 10mila abitanti (dove oltre il 59% delle famiglie ha razionato le spese), nelle regioni del Sud e Isole (57%), tra le famiglie monogenitoriali e i Millennials“. Dal sondaggio è emerso anche che gli italiani pagano di tasca propria “il 18% della spesa sanitaria totale – cioè oltre 500 euro pro-capite all’anno – contro il 7% della Francia e il 9% dell’Inghilterra”. Il rapporto aggiunge che “il 53,6% dichiara che la copertura dello stato sociale si è ridotta e paga di tasca propria molte delle spese che un tempo venivano coperte dal sistema di welfare nazionale”.