Ci saranno “elementi di interesse per la magistratura”. Così il presidente della commissione d’inchiesta sull’omicidio di Aldo Moro, Giuseppe Fioroni (Pd), ha descritto la relazione di metà mandato che l’organismo parlamentare che indaga sul sequestro e sull’uccisione del presidente della Democrazia Cristiana si accinge a presentare alle Camere nei prossimi giorni. La commissione ha ascoltato il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, il quale ha fatto il punto dei fascicoli aperti sul caso ma anche precisato di essere “scettico, a distanza di trentasette anni non credo sia possibile trovare elementi giudiziariamente utili. Non invidio il vostro compito. La mia esperienza siciliana è un po’ diversa: abbiamo scoperto i responsabili di omicidi anche dopo tanto tempo dai fatti ma perché saltava fuori un pentito che raccontava tutto”. Pignatone ha specificato di riferirsi alla verità giudiziaria che attiene al suo ruolo, ben sapendo che quello della commissione è diverso. Il magistrato ha anche garantito che la Procura continuerà “in ogni modo a collaborare con la Commissione, poi il bilancio, gli esiti, secondo le relative prospettive, verrà tracciato alla fine”.
Il componente della commissione Gero Grassi (Pd) aveva precisato che la legge istitutiva dell’organismo si basa sul presupposto che “non esiste la verità del caso Moro. Questo è il punto fondamentale e noi siamo impegnati nella ricerca di elementi che possano fornire un quadro storico-politico per dare risposte al passato utili per il futuro”. L’audizione di Pignatone è stata in parte secretata perché conteneva notizie relative alle indagini ancora in corso sul dossier della moto Honda presente a via Fani il 16 marzo 1978.