Per l’Atac la cura è semplice: rompere il monopolio e definire un contesto competitivo. In una parola, fare una gara europea per l’affidamento del servizio dei trasporti. Nel nord Europa, negli ultimi venti anni, il servizio ha cambiato faccia grazie all’introduzione delle gare per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale urbano, extraurbano e ferroviario. Dei disagi, provocati stamane dal guasto sulla metro B, questa volta la colpa non la si può dare all’ex Sindaco Marino. Il trasporto pubblico romano costoso ed inefficiente riflette la situazione generalizzata della crisi delle grandi aziende italiane di trasporto pubblico, come quelle di Genova, Palermo, Torino e Napoli. Gestioni clientelari, senza trasparenza, con un evidente conflitto d’interessi di Comuni proprietari, al tempo stesso, gestori del servizio e pianificatori degli stessi. Tale situazione ha reso possibile il generarsi dello sfacelo del trasporto pubblico. Ancora incompiuta la riforma che delega le competenze alle Regioni, ma lascia allo Stato centrale il compito di finanziare il settore. L’autorità politica ha “sollecitato/subito” scelte consociative in continuazione: nessuna gara per le forniture di impianti e servizi, aumenti di salario, a prescindere dai risultati, dall’andamento dell’azienda e dalla qualità dell’offerta. L’assoluta mancanza di responsabilità nella gestione dell’azienda e la subalternità del Comune, con dirigenti scelti in base all’appartenenza politica e sindacati che hanno sfruttato la situazione di debolezza, hanno reso ingestibile la situazione.
Nel frattempo i costi ed il debito dell’azienda sono cresciuti a dismisura sotto il ricatto della continuità di un servizio che serve pochi pendolari e pochi cittadini rispetto alle esigenze di una grande città come Roma, dove la mobilità è prettamente in automobile. Neppure la crisi è riuscita a scalfire il primato di Roma come città con il maggior numero di automobili in circolazione. 1,6 milioni di autoveicoli su una popolazione di 2,6 milioni di abitanti. Esattamente 0,6 veicoli per abitante contro lo 0,4 di Milano o Bologna. Le conseguenze sono state paradossali. Enorme spesa ma pessimi standard di servizi . I miracoli non li fa nessuno, neppure un commissario. Serve una rottura vera con il passato dove i fornitori di ricambi e servizi, i costruttori di impianti, gli appaltatori, i costruttori di materiale rotabile ed i sindacati non indichino i manager dell’azienda.