Non c'è pace per il marchio svedese Saab. Dopo essere stata acquistata dai cinesi ed essere diventata la "National Electric Vehicle Sweden", ora ha stretto un accordo con il governo della Turchia. Che a forza di produrre macchine per gli altri, ha deciso di realizzare una sua "auto nazionale"
La Turchia vuole mettere in piedi una propria industria automobilistica. L’obiettivo è creare una filiera, che peraltro in parte esiste già: nel 2014 nel paese sono stati prodotti oltre quasi 1,2 milioni di veicoli (+4% rispetto all’anno precedente), praticamente il doppio di quelli fabbricati in Italia. E nel primo semestre del 2015 i volumi sono cresciuti ancora: +18,4%.
Quello che sorprende è la singolare triangolazione che dovrebbe portare al debutto di un marchio “autarchico”. In Turchia hanno già delocalizzato molti produttori, a cominciare da Fiat (l’ultimo modello è la Aegea presentata al Salone di Istanbul e che in Italia arriverà come Tipo), ma attraverso il Tübitak, il comitato per la ricerca tecnologica e scientifica, il governo ha individuato un partner piuttosto sorprendente. E cioè Nevs, acronimo di National Electric Vehicle Sweden, la società scandinava a controllo cinese che ha rilevato, e ormai quasi “svuotato”, la Saab. La collaborazione è stata avviata lo scorso giugno, ma l’operazione è stata ufficializzata nei giorni scorsi con una nota nella quale Nevs spiega di essere stata individuata quale partner industriale per sviluppare “l’auto nazionale turca”. La base dovrebbe essere quella di Saab 9-3, peraltro già ipotizzata quale piattaforma per lo sviluppo dell’auto elettrica (nella foto il prototipo) che avrebbe dovuto consentire la sopravvivenza del marchio scandinavo, controllato per vent’anni, tra il 1990 ed il 2010, da General Motors.
Il governo turco vuole che anche almeno l’85% della componentistica sia di fabbricazione nazionale per assicurare non soltanto occupazione, ma per creare un volano tecnologico attorno al quale proseguire sulla strada della modernizzazione, almeno industriale, del paese. Nevs si regge sulla joint-venture con Tianjin Binhai Hi-tech industrial Development Area (THT) e Beijing State Research Information Technology Co Ltd (SRIT) che hanno investito poco meno di 200 milioni di euro nell’operazione, senza contare il finanziamento da quasi 1,5 miliardi di euro assicurato dalla Bank of China. Le risorse sono servite e serviranno alla realizzazione di una fabbrica (la prima pietra è già stata posata) e di un centro di ricerca e sviluppo, entrambe a Tianjin, non lontano dalla capitale cinese Pechino.
Il quartier generale svedese di Trollhättan dovrebbe fungere da centro per la pianificazione, anche perché la produzione è ferma dallo scorso anno e presso lo stabilimento viene svolta la formazione del personale. Della “partita” turca fa parte anche Dongfeng Motor. “Sono molto orgoglioso di questa collaborazione strategica”, ha spiegato Matthias Bergman, amministratore delegato di Nevs. “La Turchia sarà un partner a lungo termine ed entrambi avremo benefici da questa cooperazione. Grazie all’attenzione che la Turchia pone sui veicoli elettrici, vediamo anche un importante passo in avanti verso la nostra visione per una mobilità futura più sostenibile”. La Cina sta “accerchiando” l’Europa automobilistica: dopo che oltre a Saab anche Volvo ha ceduto il controllo al Regno di Mezzo, dopo che Dongfeng è entrata in PSA e mentre si parla di un ingresso di investitori cinesi in Daimler, adesso la concorrenza rischia di arrivare anche attraverso la Turchia.