Da cronista ha seguito i No Tav entrati in un ufficio per protestare. Voleva vedere cosa facevano per poi scriverne. Ha smentito alcune ricostruzioni di fatti che lui, unico testimone in diretta, non ha visto accadere. È stato chiamato a testimoniare a difesa di quei militanti finiti a processo e ora la stessa accusa è ricaduta su di lui. Poco dopo l’assoluzione di Erri De Luca, Davide Falcioni, 32 anni, prima giornalista per il sito AgoraVox e ora per Fanpage, ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini della Procura di Torino.
“Ero lì per documentare l’organizzazione delle lotte del movimento No Tav, di cui ho scritto per AgoraVox – racconta Falcioni -. Ero stato una settimana al campeggio in Val di Susa e in quel periodo i militanti avevano organizzato questa protesta”. Si trattava di un gesto contro le aziende che partecipano ai lavori della Torino-Lione: per questo il 24 agosto 2012 i militanti dei centri sociali erano andati a Torino, erano entrati nello studio di progettazione della Geovalsusa e poi dal balcone avevano appeso uno striscione e acceso dei fumogeni. “Non hanno forzato porte o finestre, hanno suonato al citofono e sono entrati”.
Prima di entrare si è posto qualche domanda: “Alla fine ho deciso seguendo l’istinto giornalistico. Non potevo basarmi solo su quello che avrebbe detto la polizia”. Così segue i No Tav e assiste alla loro azione: “Era una protesta assolutamente tranquilla”. Ne scrive per il suo giornale una volta e in seguito torna sul tema quando 17 persone vengono sottoposte a misure cautelari perché indagati dalla procura. “Ho fatto un articolo per ribadire l’assenza di violenza, minacce e danneggiamenti”. Così la difesa degli indagati, saliti a 19 e rinviati a giudizio per violazione di domicilio aggravata dalla violenza sulle cose, lo chiama come testimone. Si presenta il 28 novembre 2014 al tribunale di Torino per l’esame di fronte al sostituto procuratore Manuela Pedrotta e alla prima sezione penale: “Dopo le prime domande il pm interrompe tutto dicendo che c’erano i presupposti per indagarmi”, spiega.
Il 20 febbraio scorso la presidente del collegio Diamante Minucci condanna i 19 imputati a pene dai cinque agli otto mesi e “dispone la trasmissione al pubblico ministero della trascrizione dell’udienza in data 28 novembre 2014 nella parte relativa alla deposizione di Davide Falcioni come da richiesta”. Dopo otto mesi il pm chiude l’indagine. “Sostanzialmente è la stessa accusa fatta ai militanti condannati”, spiega l’avvocato Gianluca Vitale, che ha assistito alcuni di quelli imputati, ma anche Erri De Luca. Dopo aver difeso la libertà di espressione di uno scrittore, deve difendere il diritto di cronaca di un giornalista: “Bisogna capire se prevale o meno. Con questa accusa il cronista che partecipa a una manifestazione in cui avvengono reati rischia di essere accusato per aver concorso e il diritto di cronaca può essere messo in dubbio. Si avrebbero due effetti: si tengono lontani i reporter dai fatti e si fa capire loro che devono prestare più attenzione a cosa si scrive”.
Sia Falcioni sia Vitale concordano su un punto: “Se io avessi scritto di essere entrato e di aver visto i No Tav danneggiare l’ufficio, sarei stato chiamato come testimone dell’accusa e non sarei stato indagato”. In sua difesa intervengono anche i parlamentari torinesi del Movimento 5 Stelle Laura Castelli, Ivan Della Valle e Marco Scibona che definiscono “una vera e propria aggressione alla libertà di stampa che ruota intorno alla costruzione del Tav” e parlano di “tecniche d’intimidazione giudiziaria”. Finora nessun sindacato dei giornalisti si è mosso in suo aiuto.