Dario Sousa e Silva, sociologo dell’Università Uerj e ricercatore tra i più esperti sul tema dei 'meninos de rua': "Dal 2014 denunciamo che soprattutto a ridosso della Coppa del mondo di calcio e in vista dei Giochi chi vive in strada è stato costretto a lasciare la città carioca a causa degli attacchi armati contro di loro". E alle tante denunce non seguono mai i processi: "Agenti sempre impuniti"
Ventiquattro pagine in lingua inglese scritte a Ginevra, presentate con qualche lancio di agenzia internazionale. Tanto è bastato perché il mondo scoprisse una triste realtà raccontata da anni in un’altra lingua (il portoghese) e in un altro luogo (il Brasile). Un grido che raramente è riuscito a superare le strade di Rio de Janeiro, perché troppe volte soffocato nella gola delle vittime. Deboli, giovani e senza nome. Fino a inizio ottobre, quando l’Onu ha diffuso la relazione del comitato contro le esecuzioni sommarie nel quale è stato tracciato per il Brasile un quadro da brividi, soprattutto per la città di Rio che, dopo le partite dei Mondiali di calcio del 2014, ospiterà il prossimo anno le Olimpiadi.
Molte delle violenze, infatti, sono legate direttamente agli eventi sportivi internazionali: nelle piazze, per reprimere le manifestazioni contro gli sprechi per organizzarli; in favela, dove sempre più numerose si contano le esecuzioni extra-giudiziarie della polizia in nome della “pacificazione” delle aree; per le strade, dove alle aggressioni contro i senzatetto si aggiungono anche inquietanti sparizioni, spesso con protagonisti i minorenni. Proprio sul tema dei bambini desaparecidos il comitato Onu manifesta particolare preoccupazione. A causa della “discriminazione strutturale contro bambini senzatetto e ragazzini che vivono in aree urbane marginalizzate e favelas“.
Nel complesso di violenza descritto nella relazione di pochi paragrafi, a destare particolare scalpore all’estero è stata la denuncia dello sterminio silenzioso dei ‘meninos de rua’, bambini di strada. Un caso non nuovo che però riceve la conferma per nulla scontata delle Nazioni Unite. Onu che era già intervenuta nel 2012 per denunciare l’illegalità e la sproporzione di alcune misure previste nello choque de ordem, piano municipale varato per ripulire la città da tossicodipendenti e senzatetto.
Nel 2012 la legge di “internamento compulsorio” che prevedeva l’arresto e il trattamento sanitario obbligatorio dei tossicodipendenti, spediti con la forza a disintossicarsi in alcuni centri off limits, subì critiche tanto pesanti da essere sospeso. Almeno ufficialmente. I senzatetto, infatti, hanno continuato a essere recuperati in strada e portati in centri di accoglienza municipali, con la scusa di un miglioramento della propria condizione. Miglioramento smentito però dalle indagini effettuate dalla magistratura sui centri, veri lager all’estrema periferia della città. In particolare a ridosso dei mondiali di calcio il numero di persone ricoverate è stato altissimo. Sono stati gli stessi moradores de rua a denunciare gli abusi della polizia e delle guardie municipali, che quando non hanno usato la violenza hanno comunque intimato – con minacce – ai senzatetto di lasciare Rio. La popolazione è stata così decimata e soprattutto il numero di bambini per strada si è ridotto a vista d’occhio.
Non è dunque rimasto sorpreso di quanto denunciato dall’Onu Maciel Santos, responsabile per lo Stato di Rio del Movimento população em situação de rua: “Dallo scorso anno denunciamo che soprattutto a ridosso della Coppa del mondo di calcio e in vista delle Olimpiadi la popolazione di strada è stata costretta a lasciare Rio a seguito delle minacce e delle violenze mosse contro di loro in funzione dell’igienizzazione sociale che il governo porta avanti da anni”. Molti altri sono spariti, come denuncia la stessa Onu, facendo proprie le denunce dei senzatetto. Nonostante allarmi, denunce e prese di posizione forti di alcuni politici e amministratori come il vereador (consigliere municipale) Reimont Otoni che ha denunciato più volte e senza mezzi termini lo sterminio e l’assassinio dei senzatetto, nulla è cambiato.
Conferma Dario Sousa e Silva, sociologo dell’Università Uerj di Rio e ricercatore tra i più esperti sul tema dei moradores de rua: “L’allarme dell’Onu non è esagerato. Di recente è stato presentato uno studio sullo sterminio anche nelle favelas. E gli autori delle azioni sarebbero poliziotti o miliziani (gruppi criminali formati da poliziotti e militari in servizio o riformati). Ovviamente questi rischi per chi vive in strada sono anche peggiori”. La tentazione di “ripulire” le strade eliminando il problema sociale alla radice è vecchio. “Azioni di sterminio – dice Sousa e Silva – sono state molto comuni negli anni ’70 e ’80 nelle aree della Baixada Fluminense. Responsabili erano i cosiddetti squadroni della morte formati anche in quel caso da poliziotti”.
L’esempio storico più vicino a quello che sta accadendo oggi in vista delle olimpiadi è del 1962 “quando la regina d’Inghilterra visitò la citta – afferma il sociologo – molti senzatetto sparirono”. Durante le visite delle delegazioni Fifa e del Comitato Olimpico le autorità carioca hanno spesso caricato i senzatetto e li hanno portati in giro per evitare che l’incontro spiacevole potesse condizionare la scelta dei commissari. La storia sembra essersi dunque fermata. E l’allarme dell’Onu è molto preoccupante. Questo anche perché, informa il professore: “Oggi ci sono poche organizzazioni che assistono direttamente bambini e adolescenti che vivono in strada. I finanziatori stranieri non hanno più il Brasile come priorità.
Gli organismi della Prefettura hanno come unica soluzione il ricovero forzato in strutture apposite. Questo avviene a margine della legalità ma è purtroppo pratica comune. La Prefettura ha di recente annunciato la chiusura per ristrutturazione di alcuni di questi centri, ma questo porterà solo a un aumento della popolazione in strada, finendo per sensibilizzare ulteriormente la parte conservatrice della popolazione cittadina ad appoggiare la repressione più dura”. Alle denunce invece non seguono mai adeguate investigazioni. Il problema è che chiamata in causa come responsabile dei tristi fatti è la stessa polizia che dovrebbe indagare. Anche per questo l’Onu auspica un intervento normativo per risolvere anche il più grave dei problemi di sicurezza pubblica in Brasile: la polizia e la sua impunità.