Il pontefice ha chiuso il Sinodo con un discorso molte forte in cui ha sottolineato come "il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore"
“Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore”. È stato Papa Francesco, con un discorso molto forte, a mettere la parola fine al Sinodo dei vescovi sulla famiglia che ha dovuto affrontare anche pesanti “pressioni mediatiche” e un’evidente spaccatura interna con 80 non placet sulla comunione ai divorziati risposati che è passata con soli due voti.
“Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente – ha sottolineato Bergoglio – e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli, hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa ‘moduli preconfezionati’, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi”. Parole dure e forti come quelle alle quali in due anni e mezzo di pontificato ci ha abituato Francesco, rivolte in particolare a quei cardinali che, all’inizio dei lavori del Sinodo, hanno contestato, con una lettera indirizzata al Papa, il metodo dei lavori.
Non a caso i padri sinodali, al termine della relazione finale, hanno chiesto a Francesco di valutare “l’opportunità di offrire un documento sulla famiglia, perché in essa, Chiesa domestica, risplenda sempre più Cristo, luce del mondo”. Bergoglio ha ricordato che durante i lavori, “senza mai cadere nel pericolo del relativismo oppure di demonizzare gli altri, abbiamo cercato di abbracciare pienamente e coraggiosamente la bontà e la misericordia di Dio che supera i nostri calcoli umani e che non desidera altro che ‘tutti gli uomini siano salvati’, per inserire e per vivere questo Sinodo nel contesto dell’Anno Straordinario della misericordia che la Chiesa è chiamata a vivere”.
Cosa resta, però, del lavoro fatto? Per Francesco il percorso compiuto dal Sinodo “significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole ‘indottrinarlo’ in pietre morte da scagliare contro gli altri. Significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite. Significa aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori. Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile”. E in un altro passaggio il Papa ha precisato che il lavoro fatto “significa aver dato prova della vivacità della Chiesa cattolica, che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani discutendo animatamente e francamente sulla famiglia”.
Bergoglio ha chiarito ai 270 padri sinodali che il dibattito durato tre settimane “ci ha fatto anche capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono”. Francesco ha sottolineato anche di essere ben consapevole che il lavoro sinodale “sicuramente non significa aver trovato soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia, ma aver messo tali difficoltà e dubbi sotto la luce della fede, averli esaminati attentamente, averli affrontati senza paura e senza nascondere la testa sotto la sabbia. Significa aver sollecitato tutti a comprendere l’importanza dell’istituzione della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna, fondato sull’unità e sull’indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana”.
Twitter: @FrancescoGrana