Giro per l’Italia a presentare il mio film Viva la Sposa e in tutti i cinema mi chiedono come abbia preso le parole di un sindacato di polizia che l’ha criticato senza averlo visto.
Il rappresentante di questo sindacato sostiene di aver “appreso da notizie di stampa” che nel mio film “vi sono riferimenti al caso di Giuseppe Uva”. E che farei “l’ennesimo populistico attacco a chi è chiamato a rappresentare lo Stato”.
Dunque sarebbe meglio che mi risparmiassi “le manfrine su tutti coloro che sono morti nelle mani dello Stato perché ne sono pieni i titoli dei giornali, i polmoni di Manconi e soprattutto di chi si dimostra solerte e definitivo nel giudicare qualcosa che non sa nemmeno come funziona”.
Altrimenti anche loro si metteranno a giudicare me senza conoscermi. Così scrivono che in questo caso si sentirebbero liberi di dire che la mia opera “fa cagare” e se riuscissero a raggiungere i “canali televisivi mainstream” io avrei “la reputazione distrutta” e dovrei trovarmi un altro lavoro. Questo scrivono. Questo e un po’ di altre cose più o meno identiche.
Ovviamente tutto ciò l’hanno scritto senza aver visto film.
Ovviamente non si sono scomodati a vederselo quando è stato proiettato a Venezia, a Roma, nelle anteprime di alcune città italiane e, da due giorni, in una trentina di altre sale.
E ora che giro per l’Italia a presentare il film e mi chiedono come mi sono sentito quando ho letto questa lettera, rispondo che non l’ho commentata perché non ne valeva la pena.
Ma ieri al cinema Mexico di Milano abbiamo fatto una lunga chiacchierata in coda alla proiezione e quando, per l’ennesima volta, uno spettatore ha tirato fuori la questione della lettera ho detto cosa davvero mi ha dato fastidio. Penso di averne parlato anche in qualche intervista, ma lo ripeto in maniera circostanziata.
Il poliziotto sindacalista che mi scrive si fa prendere la mano e cita Pasolini. Dice: “Lei che lo ‘Stato’ lo invoca sotto forme che non siano quelle delle divise, vada a rileggersi Pasolini e i versi sugli scontri di Valle Giulia”.
Pasolini? Davvero sta parlando di Pasolini? Davvero ha letto quel testo e lo cita? È straordinario! È come se il Papa citasse Marx come esempio di uomo di fede.
E allora rispondo che dovrebbe rileggerseli lui quei versi. Forse dovrebbe leggerseli per la prima volta perché è evidente che ne parla per sentito dire. Forse ha letto su qualche giornale la famosa frase “Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti!” Forse qualcuno l’ha messa anche su qualche calendario da collezione dei carabinieri. Solo questa perché tutto il resto non credo che faccia piacere leggerlo in una caserma.
Caro signore, quella poesia si chiama “Il Pci ai giovani” e non “Io sto coi poliziotti”. Forse c’è un motivo. O no? Se lo immagina?
Infatti Pasolini scrive: “A Valle Giulia, si è così avuto un frammento di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte della ragione) eravate i ricchi, mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto) erano i poveri”. Insomma, la questione è felicemente ideologica. Il torto sta nell’essere borghesi, non nel contrastare le guardie, tant’è che lo spiega chiaramente in un altro passaggio: “Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia”, e poi “ma prendetevela contro la magistratura, e vedrete!”
Mentre il significato del titolo si trova in un altro passaggio, cioè quando Pasolini consiglia agli studenti di riprendersi il Partito comunista “anche se malconcio, per l’autorità di signori in modesto doppiopetto” perché senza un partito non si fa la rivoluzione.
Caro amico poliziotto, venga a vedere il mio film. Si chiama Viva la Sposa e non se la prende con voi. C’è un riferimento a Giuseppe Uva? Forse anche a molti altri che hanno avuto vicende simili, ma non è questo il centro della storia. Nel mio film si parla di periferie che sono costantemente ignorate, ma nelle quali inevitabilmente le persone continuano a vivere. Lo fanno anche se non se le fila nessuno. Poi, a un certo punto succede qualcosa di eclatante. Un evento che potrebbe interessare i telegiornali con i giornalisti che accorrono per poi poter scrivere di periferie violente e degradate. Quartieri dormitorio. Ma la periferia è davvero solo questo?
Quando le telecamere si spengono e le penne tornano a infilare la punta nel cappuccio, la periferia sparisce, velata da un tempo che pare non passare mai, ora come in quel passato quando
“ai posteggi verso le quattro del pomeriggio c’era calma e sole, dietro al Quadraro i prati erano deserti”.