Un concerto ricco, ricchissimo di suggestioni e momenti di pura gioia del suono quello che sabato 24 ottobre si è tenuto presso il Teatro dell’Opera di Firenze, dove l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, diretta per l’occasione dalla punta di diamante del Sistema Abreu, Diego Matheuz, ha presentato un repertorio dalle tinte nettamente romantiche in una precisa, dominante, area tonale: al Concerto in La minore per violoncello e orchestra di Robert Schumann ha fatto seguito, dopo una debita pausa intermedia, la Sinfonia n. 3 in La minore, Scozzese, di Felix Mendelssohn-Bartholdy.
Entrambe le partiture sono state precedute da una prima esecuzione assoluta, O pazzo desire!, brano per orchestra direttamente commissionato al pesarese Paolo Marzocchi dal FiorentinoTeatro del Maggio Musicale Fiorentino. Brano, quest’ultimo, che in linea di continuità con l’opera che ha aperto la nuova stagione del Teatro dell’Opera fiorentino, il Così fan tutte di W.A.Mozart, da lì prende le mosse, in un confronto mosso non da incoscienza ma da ardente amore, con “un capolavoro – come commenta lo stesso Marzocchi – di simmetrie e specchi amorosi, che mi hanno portato ad indagare il meccanismo della ‘proiezione’, che in psicologia è lo spostamento di sentimenti e caratteristiche propri (…) su qualcun altro, ad esempio sulla persona amata”.
A esibirsi come solista nel susseguente concerto di Schumann è Enrico Dindo, con un violoncello Pietro Giacomo Rogeri del 1717, affidatogli dalla Fondazione Pro Canale. Un concerto, nelle sue battute iniziali, dalle tinte malinconiche, laddove il violoncello di Dindo principia a suonare fin da subito, senza alcuna introduzione orchestrale: una melodia lunga, ampia, vellutata e serenamente triste, al termine della quale la risposta dell’orchestra, tutta unita, non si lascia attendere.
Il dialogo fra lo strumento solista e l’orchestra continua isolatamente, col violoncello che si trova ad avere ampi spazi per dire la sua senza alcun disturbo da parte del contraltare orchestrale, in un gioco che ricorda molto da vicino il tipico recitativo d’opera: l’orchestra si limita ad accompagnare appena accennando le armonie che sostengono e commentano il lungo fraseggio violoncellistico.
La disposizione orchestrale voluta da Matheuz prevede i violoncelli laddove in genere alloggiano le viole, al centro, con queste ultime spostate sull’immediata destra del direttore: alle loro spalle i quattro contrabbassi, lasciati nella loro posizione “naturale”.
Dindo concede due bis firmati entrambi J.S.Bach: un Allemanda in Re minore e, a seguire, il celebre Preludio dalla Suite n. 1 per violoncello, entrambi egregiamente eseguiti. Mutando l’ordine dei bis il risultato sarebbe forse cambiato, laddove, per una pura questione di semplice continuità coi toni accesi e puntati del concerto di Schumann, il Preludio avrebbe avuto migliore e più naturale posizione dell’Allemanda. È infine con la Sinfonia n. 3 in La minore, Scozzese, di Felix Mendelssohn-Bartholdy che l”Orchestra del Maggio, nel suo rapporto col direttore, da il meglio di sé, laddove nel concerto di Schumann aveva mostrato qualche lieve indecisione.
La Sinfonia inizia mesta, con un tema, affidato alle viole opportunamente contrappuntate dal fagotto, ampio e grave, un tema al quale, poco dopo, soavemente rispondono i violini, presto trasformando ciò che era malinconia in speranza e amore. La direzione di Matheuz è posata, controllata, poco coinvolta, in un distacco che trasmette non mancanza di passione ma, anzi, parsimonia e coscienza. La partitura del direttore è chiusa, tutta la sua direzione è amabilmente affidata alla sola memoria.
La Sinfonia procede tra temi suggestivi, accattivanti, freschi, brillanti, con continui e imprevisti cambi di scenario: a un tema ne subentra subito un secondo, nuovo e di efficace rottura col precedente, in un continuum visivo e immaginario scandito da tagli di montaggio arditi ma mai fuori luogo. È infine nello stupefacente quarto movimento, l’Allegro vivacissimo, che l’Orchestra del Maggio da grande prova di sé: si inizia con uno staccato dell’intera orchestra che prelude a un tema veloce, rapido, giocoso e irriverente, in un movimento che sprigiona energia e vitalità in ogni suo singolo passaggio. Matheuz e l’intera Orchestra ricevono un lunghissimo applauso finale, segno del gradimento e della profonda gratitudine di una sala, per l’occasione, gremita di gente.