Come prevedibile la sentenza di assoluzione per Erri De Luca se da un lato ha fatto gioire i fan dello scrittore e coloro che ritenevano ingiuste le accuse, dall’altro non poteva non fare storcere il naso ai suoi detrattori e a tutti colori che lo considerano un “cattivo maestro”.
Per esempio, Bruno Tinti su questo giornale (23 ottobre) manifesta la sua contrarietà nei confronti della sentenza, sostenendo la responsabilità di De Luca (Erri) riguardo agli scontri in valle di Susa. Nei giorni immediatamente successivi Angela Giordano una educatrice che lavorava nel carcere delle Vallette di Torino viene licenziata per avere indossato una maglietta con la scitta No-Tav e aver simpatizzato e solidarizzato con alcuni manifestanti nel corso di una manifestazione di solidarietà con i giovani del movimento incarcerati.
Più o meno in contemporanea Davide Falcioni, un giovane giornalista di Fanpage riceve dalla Procura di Torino l’avviso di conclusioni delle indagini e scopre che è stato accusato di violazione di domicilio per essere entrato al seguito di alcuni manifestanti No-Tav nell’ufficio dello studio di progettazione della Geomont, in modo assolutamente pacifico. Un atto, fatte le debite proporzioni ovviamente, che sembra ispirato da un principio simile a quella dei militari israeliani che a settembre hanno picchiato, ferendolo, Andrea Bernardi, il reporter italiano che documentava ciò che stava accadendo in Cisgiordania.
Difficile non arrivare a concludere che in Italia e in particolare a Torino, i No-Tav sono considerati un pericolo pubblico terribile e che chiunque si avvicini loro venga contagiato dal virus della violenza. Ogni interpretazione è degna di rispetto, purché sia calibrata su una visione condivisa e diffusa, visto che quella della giustizia riguarda tutti i cittadini italiani. “I lombardi non hanno mai tirato fuori i fucili ma per farlo c’è sempre la prima volta” (26 agosto 2007); “I fucili sono sempre caldi. Abbiamo 300 mila uomini, 300 mila martiri, pronti a battersi – aggiunge” (29 aprile 2008); “Per fortuna che in Valtrompia ancora si producono le armi, un giorno serviranno” (10 agosto 2013). Sono tutte frasi pronunciate dal senatore della Repubblica Umberto Bossi, appena più minacciose del “la Tav va sabotata” di Erri De Luca, ma non hanno mai avuto un seguito giudiziario.
E che dire dell’eurodeputato della Lega Nord, che si fa intervistare impugnando una pistola sostenendo, in perfetta sintonia con il suo segretario di partito Salvini, il diritto a difendersi sparando e che, in quanto sindaco di Borgosesia, promette 250 euro di contributo a chi acquista un arma? Vogliamo poi parlare degli innumerevoli incitamenti al razzismo espressi da molti esponenti politici e detentori di incarichi pubblici?
A questo punto il tarlo del sospetto si insinua con sempre più insistenza: non è che gli insulti razzisti in fondo danneggiano solo qualche straniero e che le minacce di impugnare armi (dopo averle acquistate) in fondo farebbero aumentare il fatturato di aziende del Nord, mentre i No-Tav che si oppongono a un’iniziativa che risulta economicamente redditizia per molti?
Molti sostengono che Erri De Luca ha avuto un certo trattamento di favore perché è un personaggio conosciuto, Bossi e Buonanno sono ancora più conosciuti di lui, ma non sono neppure mai stati incriminati, né processati e in più godono di immunità parlamentare. Ognuno tragga le sue conclusioni.