La scelta di Angelo Falletta, che ha investito i risparmi di una vita per acquistare un terreno dove gli animali altrimenti abbandonati possono pascolare e vivere liberi. Senza essere sellati o cavalcati. Ma i soldi non bastano per accogliere tutte le richieste
Angelo Falletta, ex dipendente di una multinazionale del tabacco in pensione, l’ha chiamata la Collina dei Cavalli, perché nel terreno che comprò vent’anni fa con i risparmi di una vita, nella valle del fiume Tassobbio, in provincia di Reggio Emilia, i cavalli pascolano liberi, godendosi in tranquillità gli ultimi anni della loro vita. Sono ex trottatori, ex saltatori o corridori, che un tempo hanno gareggiato nell’ippica italiana, ma poi l’età o la fatica li hanno resi inadatti a competere ancora. O animali che hanno subito lesioni per incidenti o malattie, tali da renderli incapaci di trasportare esseri umani, e i loro padroni hanno deciso di affidarli alle cure di Falletta e della sua famiglia. “La Collina rappresenta una seconda vita, per loro, una specie di pensione, altrimenti probabilmente sarebbero stati venduti a commercianti, per poi finire al macello – spiega Angelo – qui invece hanno a disposizione una dozzina di ettari tra prato e bosco dove muoversi liberamente, senza nessuno che decida di cavalcarli o costringerli a correre, e noi provvediamo a fare sì che stiano bene, con fieno fresco e molto spazio a loro disposizione”.
Un tempo il sogno di Falletta era quello di trasformare la Collina nel primo parco equino d’Italia, al contempo una riserva per cavalli in età da pensione e uno spazio aperto a tutti i visitatori dove trascorrere qualche momento in compagnia degli animali, “perché questa è la vera ippoterapia – sottolinea – gli animali, quando stanno bene, hanno un effetto calmante sulle persone”. Ma la mancanza di fondi, quel sogno, almeno per il momento, l’ha fatto naufragare. “Avevo molte idee, mi contattò persino Alberto Sordi, a cui il progetto di un parco equino piacque molto, ma senza finanziamenti non sono riuscito a fare nulla”. Così è rimasto il terreno, e un edificio colonico che Falletta ha trasformato in un agriturismo, con tanto di casette sugli alberi, guado attraverso il fiume,e bosco. “Ho accudito più di 30 cavalli in questi anni, da quando ho comprato il terreno. Lasciandoli liberi, senza mai costringerli a sopportare una sella, perché io ho il concetto di libertà nel sangue, se sono libero io, devono esserlo anche i cavalli. Lo desideravo da sempre – spiega – oggi però non posso accoglierne altri, anche se le richieste sono molte”.
Tra gli ospiti del parco, ad esempio, c’è Sirio, purosangue argentino dal manto bianco prelevato dalle pampas anni fa, caricato su una nave e poi domato. “Per questa razza le strade sono due – spiega Falletta – l’equitazione, o il macello”. Oppure c’è Mary, dal fianco maculato di grigio, investita da un’auto in un incidente che le ha causato una lesione al bacino: “La padrona non voleva che fosse soppressa, così l’ha lasciata a noi. Alla fine, tra l’altro, Mary ha avuto anche un puledro, a dimostrazione che a volte anche i veterinari sbagliano”. Ma c’è anche il bel purosangue ex trottatore, che dopo un’infezione agli arti non ha più potuto gareggiare, e l’asinella destinata a diventare brasato, che ha appena compiuto trent’anni.
Ma mantenere i cavalli costa, e i 6 esemplari oggi ospitati alla Collina sono tutti a carico di Falletta e della sua famiglia. All’inizio, infatti, Angelo, al momento di prendere in carico nuovi animali, chiedeva ai proprietari dei cavalli una donazione, 5.000 euro, pari alla spesa necessaria al loro mantenimento per tre anni, cioè la loro aspettativa di vita media. “Qui però si sta bene – sorride Falletta – e generalmente, tutti i cavalli che adottiamo vivono molto più a lungo. E per molto intendo anche 10 anni”. Così è la famiglia a pagare, ed è per questa ragione che la Collina non può più accettare altri animali.
“Richieste ne riceviamo a centinaia, e se un giorno dovessimo trovare l’appoggio di enti locali o sponsor privati, allora potremmo accogliere più animali, perché tanti in Italia desiderano donare ai propri compagni una seconda vita, e non tutti possono permettersi di accompagnare i loro cavalli alla morte naturale, senza contare tutti gli ex corridori o trottatori che potremmo salvare dal macello – fa i conti Falletta – speriamo. Oggi facciamo ciò che possiamo, ma credo che, anche a livello turistico, l’Italia avrebbe bisogno di un parco equino, di una riserva protetta dove donare ai cavalli un po’ di libertà”.