Per il gup di Catanzaro "non ha commesso il fatto". Due boss pentiti della cosca Giampà di Lamezia Terme avevano raccontato di un incontro con il politico che in cambio di voti si sarebbe messo "a disposizione". Per la stessa inchiesta condannato a 4 anni e 8 mesi per concorso esterno l'ex assessore provinciale Bevilacqua
Cadono le accuse di corruzione elettorale con l’aggravante mafiosa per il senatore calabrese del Nuovo Centrodestra Piero Aiello. Secondo il gup di Catanzaro, il parlamentare non ha commesso il fatto. Si è concluso in questo modo il processo di primo grado per il senatore coinvolto nell’inchiesta “Perseo” che, nel luglio 2013, portò all’arresto di 66 persone ritenute vicine alla cosca Giampà di Lamezia Terme.
Al termine della requisitoria, il pm Elio Romano aveva chiesto 3 anni di carcere per Aiello accusato di aver incontrato i boss della ‘ndrangheta lametina, Giuseppe Giampà e Saverio Cappello, ai quali avrebbe chiesto i voti in occasione delle elezioni regionali del 2010 quando il politico si era candidato nella lista del Popolo della Libertà che sosteneva l’ex governatore Giuseppe Scopelliti. Incontro che, stando alle risultanze investigative, sarebbe avvenuto nello studio dell’avvocato Scaramuzzino, oggi rinviato a giudizio e per il quale il processo inizierà il 19 gennaio.
I due boss, poi diventati collaboratori di giustizia, hanno raccontato alla squadra mobile di Catanzaro i dettagli di quel presunto colloquio con il futuro senatore Aiello: “Ci raccomandò di trovargli il più possibile i voti per farlo eleggere in quanto si trattava di una persona che poi ci avrebbe ricambiato appunto mettendosi a nostra disposizione”.
Dalle carte dell’inchiesta “Perseo” è emerso uno spaccato inquietante. La cosca Giampà ha il controllo totale del territorio lametino: dagli omicidi alle estorsioni passando dal traffico di droga e dagli appalti concessi dalla politica. Un copione che, secondo la Procura, sarebbe stato rispettato anche con Aiello il quale, in cambio dei voti, avrebbe promesso ai boss l’affidamento di appalti per la fornitura di materiali. Accuse che sono crollate nel processo di primo grado e che, già nell’estate 2013, non avevano convinto il gip che, pur arrestando 66 persone e riconoscendo la gravità delle contestazioni mosse dai pm agli indagati, non aveva accolto la richiesta di arresti domiciliari per il senatore Aiello.
Nella stessa inchiesta era stato coinvolto anche l’ex consigliere provinciale Giampaolo Bevilacqua che, nel luglio scorso, è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa a 4 anni e 8 mesi di carcere nello stralcio del processo “Perseo”
Appresa la sentenza e in attesa di conoscere le motivazioni, Aiello ha commentato: “Ho sempre creduto nella giurisdizione e non mi sono mai discostato dalla retta via che mio padre, carabiniere, mi ha sempre indicato come l’unica che sia dato percorrere. Sento di dover chiedere pubblicamente scusa alla mia famiglia, a mia moglie ed ai miei figli, i quali hanno sofferto insieme a me per un’accusa che non meritavo di ricevere ma che, con il loro costante sostegno, mi hanno consentito di non soccombere”.
“Piero Aiello – ha aggiunto il suo avvocato Nunzio Raimondi – è un autentico galantuomo e ha serbato in questa tristissima vicenda una fiducia nei giudici e un contegno connotato da una compostezza non comune. Ora la sentenza di assoluzione piena lo ripaga di tante sofferenze e di tante denigrazioni che, imprudentemente, sono state sferrate al suo indirizzo. Spero che, chi lo ha diffamato, ora gli chieda pubblicamente scusa”.