Nel 2012 la coop emiliana è stata ammessa al concordato. I vertici locali della lega si sono impegnati a rimborsare subito agli oltre 2mila soci prestatori, un quarto degli abitanti del Comune, il 50% del loro credito. Ma a tre anni di distanza manca ancora il 10% e i vertici ammettono: "L'operazione si complica"
Mentre nel Nordest la procura di Udine continua a indagare sul crac di Coop carnica, in Emilia Legacoop non riesce a mantenere le promesse fatte ai soci prestatori di un’altra cooperativa finita in concordato. Le 2mila famiglie che nel 2012 si erano sentite garantire il rimborso di almeno il 50% dei 49 milioni di risparmi incagliati nel crac della Cooperativa muratori Reggiolo (Cmr) attendono ancora di vedere l’ultimo 10 per cento. E a tre anni di distanza la stessa lega ammette ormai che “la conclusione dell’operazione si complica”. Un precedente che non fa sicuramente dormire sonni tranquilli ai prestatori di Coop carnica in attesa del “soccorso” annunciato da Legacoop Friuli Venezia Giulia e dalle tre coop di recente riunite in Alleanza 3.0.
Il caso Cmr è andato in scena nel cuore della cooperazione rossa, a Reggiolo, provincia di Reggio Emilia. Nel 2012 la cooperativa nata nel 1907, è finita in concordato preventivo sotto il peso di un passivo che a fine 2011 aveva raggiunto i 150 milioni di euro a fronte di un patrimonio netto negativo per 15,6 milioni. E nel crac della società di costruzioni, affossata dalla crisi del settore immobiliare e dai ritardi della pubblica amministrazione nel pagare i propri debiti, sono rimasti impigliati i soci prestatori. Oltre 2mila persone, pari a quasi un quarto degli abitanti del Comune, che nelle casse della coop avevano versato a titolo di prestito sociale un totale di 49 milioni di euro, divisi tra libretti di risparmio (per 29 milioni) e cambiali finanziarie del taglio minimo di 50mila euro. Uno dei prestatori racconta a ilfattoquotidiano.it che “per Reggiolo, di fatto, era diventata una vera e propria banca”. Peccato che il prestito sociale sia una forma di finanziamento delle attività della cooperativa e in quanto tale sia soggetta a rischi e non goda delle garanzie dei depositi bancari.
Il primo piano di concordato, presentato dalla società nel marzo 2012, classificava i prestatori tra i creditori chirografari, cioè coloro che si vedono restituire il dovuto solo dopo che sono stati soddisfatti quelli privilegiati e se avanzano soldi sufficienti, e prevedeva che venisse riconosciuto loro il 91,75% del credito vantato. Ma ad agosto è arrivata la prima tegola: i commissari giudiziali non solo hanno rilevato che la società aveva “intrapreso operazioni talvolta azzardate al fine di reperire nuova finanza sul mercato e tra i partner cooperativi”, ma hanno anche rivisto al ribasso di 25 milioni il valore del patrimonio aziendale. Di conseguenza la percentuale di soddisfazione promessa ai prestatori è stata ridotta al 67,1 per cento.
Non solo: Mauro Panizza, ex sindaco di Reggiolo e portavoce del comitato soci prestatori, ricorda che già a marzo, quando il bubbone è scoppiato, “i titolari di cambiali finanziarie hanno scoperto che solo una piccola parte di quei titoli di credito era garantita per il 50% del valore da fidejussioni bancarie. Loro, al contrario, erano sempre stati convinti che tutte fossero assistite da garanzia. Parliamo di famiglie che avevano finanziato la coop con centinaia di migliaia di euro, in alcuni casi tutti i loro risparmi”. A quel punto, “il movimento cooperativo emiliano ha deciso di intervenire facendosi carico del 50% del credito una volta omologato il piano di concordato”.
A impegnarsi ufficialmente per il rimborso sono stati, durante l’assemblea dei soci prestatori all’indomani dell’entrata in concordato, l’allora presidente regionale Legacoop Paolo Cattabiani, oggi amministratore delegato della neonata coop Alleanza 3.0, e Simona Caselli, all’epoca presidente di Legacoop Reggio Emilia e ora assessore all’agricoltura della giunta di Stefano Bonaccini. L’anno dopo le cooperative reggiane hanno costituito ad hoc Retecoop, una srl che avrebbe dovuto acquistare dai prestatori il 50% dei loro crediti. Accollandosi, come si legge nel contratto proposto ai soci, il rischio del mancato rimborso. “Nel marzo 2013, dopo aver chiesto un mutuo ad hoc, hanno rilevato il primo 35%, a settembre un altro 15%”, ricapitola uno dei prestatori. “Poi basta. Perché nel frattempo sono entrate in crisi anche Unieco, Coopsette e Orion. E Legacoop ha deciso che doveva dividere gli sforzi”. Così, per esempio, la lega – fino all’anno scorso guidata a livello nazionale dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti – si è accollata tramite Boorea una quota del debito della Orion di Cavriago, il cui piano di concordato prevede la restituzione ai soci prestatori del 26% del prestito.
Nel tentativo di coprire le nuove falle, però, è andata a finire che quelle vecchie sono rimaste aperte. Così le famiglie di Reggiolo aspettano ancora di vedersi restituire l’ultimo 10 per cento. Più la quota prevista dal piano di concordato, da cui non è arrivato ancora nulla perché la liquidazione degli attivi è in corso. Ad ammettere lo stallo dell’intervento di “solidarietà” nei confronti dei prestatori di Cmr è la stessa Legacoop Emilia Ovest. “La conclusione dell’operazione si è complicata per l’aggravarsi della crisi dell’economia italiana e reggiana a partire dal 2012, che ha colpito in particolare il settore delle costruzioni e degli infissi e di riflesso alcune grandi cooperative reggiane attive in questo settore”, dice un portavoce a ilfattoquotidiano.it. Le prospettive? “La conclusione di questa operazione andrà calibrata all’interno della complessa e pesante situazione di crisi, riguardante anche l’aspetto del prestito sociale, che tocca un intero comparto”.