Nuovo regime fiscale per le partite Iva – Sul fronte dei liberi professionisti e lavoratori autonomi, la legge di Stabilità introduce importanti novità rispetto agli anni scorsi in termini di fiscalità agevolata. Nessuna sorpresa nel testo definitivo rispetto alle bozze preparatorie: viene innalzato da 15mila a 30mila euro il tetto di fatturato entro il quale sono previste le agevolazioni per i primi cinque anni di attività. In sostanza, il tetto viene riportato al livello che che era stato fissato dal governo Prodi all’epoca dell’introduzione del forfait. L’aliquota è fissata al 5% per i primi cinque anni di attività, dai tre attuali, per poi salire al 15% per gli anni successivi, mentre l’aliquota contributiva per chi è tenuto al versamento alla gestione separata dell’Inps resta ferma al 27% anziché salire al 33%: sono misure che vanno a favore della nuova imprenditoria e di tanti giovani e non più giovani che lavorano con la partita Iva e che hanno un giro d’affari limitato. Tra le novità introdotte, anche l’eliminazione del vincolo che impediva di accedere al regime forfettario qualora nell’anno precedente il contribuente avesse percepito redditi da lavoro indipendente o assimilato pari o superiori al reddito d’impresa o qualora “la somma delle diverse fattispecie reddituali eccede l’importo di 20mila euro”. Del nuovo regime forfettario potranno avvalersi non solo i soggetti che avvieranno la loro attività nel 2016, ma anche coloro che l’hanno avviata nel 2015. Per questi ultimi, ovviamente, il periodo dell’agevolazione si riduce da cinque a quattro anni.
Ai contratti del pubblico impiego 300 milioni: “5 euro al mese? Una mancia” – Per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, il governo ha messo sul piatto 300 milioni di euro, 74 dei quali destinati alle forze di polizia. L’esecutivo è dovuto intervenire in questo senso dopo la sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il blocco degli stipendi degli statali, in vigore dal 2010. Scampato il rischio di sanare il passato che sarebbe costato 35 miliardi di euro, l’esecutivo ha messo in campo una misura che per i circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani si tradurrà in un aumento medio che i sindacati stimano intorno ai 5 euro al mese. Secondo le organizzazioni di categoria, questi soldi “non sono un contratto ma una mancia. I lavoratori pubblici vogliono un rinnovo dignitoso. La nostra mobilitazione sarà durissima”. Non a caso, la sigla Usb pubblico impiego ha già proclamato per il 20 novembre lo sciopero degli statali.
E se da un lato il governo aumenta gli stipendi in misura contenuta, dall’altro frena i nuovi ingressi nella pubblica amministrazione. La manovra prevede infatti anche un blocco del turn over: la spesa per le assunzioni di nuovi dipendenti pubblici, nel triennio 2016-2018, non dovrà superare il 25% dei risparmi ottenuti con le uscite di personale. Anche se, nel caso di Regioni ed enti locali, l’asticella si alza all’80% per favorire il ricollocamento degli esuberi delle Province. Non solo. Fino all’attuazione della riforma Madia, sarà congelato il trattamento accessorio, cioè la quota di stipendio che si aggiunge alla paga-base, sia per i dirigenti sia per i dipendenti pubblici. Di conseguenza, lo sblocco delle retribuzioni si lega ai tempi dettati dall’azione di governo.