Il piano del governo per il risanamento e il rilancio del siderurgico di Taranto non sta dando i risultati sperati: perde 50 milioni al mese. Così servono nuovi fondi e arriva una proroga per l'intervento dello Stato. Renzi aveva detto che sarebbe durato "da 18 a 36 mesi"
Quasi dimezzato, rispetto alle bozze, l’ammontare della garanzia statale sui finanziamenti che l’Ilva potrà chiedere alle banche in attesa di emettere obbligazioni. Sparite del tutto le garanzie per l’indotto. Ma, in compenso, il commissariamento del siderurgico di Taranto viene prorogato “fino a un massimo di quattro anni“. Sono queste le novità contenute nel testo della legge di Stabilità trasmesso al Parlamento domenica. Due interventi che dimostrano come il piano governativo per salvare lo stabilimento non stia procedendo secondo i programmi. Non a caso il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, nei giorni scorsi ha avvertito che “l’Ilva si sta spegnendo” e “le perdite non si fermano”. Anzi, complice anche la crisi mondiale del mercato dell’acciaio, procedono al ritmo di circa 50 milioni di euro al mese.
Così, il prestito da 400 milioni garantito dallo Stato a maggio già non basta più. E il governo, messo alle strette dalla Commissione Ue che a settembre ha evidenziato “l’accumularsi di ritardi nei lavori necessari per assicurare la piena attuazione delle prescrizioni Aia”, deve ora sottoscrivere un nuovo impegno per 800 milioni. Una garanzia “onerosa” che costituisce “anticipazione finanziaria sui fondi raccolti a seguito dell’emissione del prestito obbligazionario” previsto dal decreto di gennaio. Ma il valore è inferiore alle aspettative, visto che nelle prime bozze la somma complessiva che i commissari dell’Ilva avrebbero potuto chiedere con la garanzia dello Stato era di 1,2 miliardi di euro. Il problema è che gli 1,2 miliardi sequestrati ai Riva (azionisti del gruppo con il 90% ma espropriati all’atto dell’ammissione dell’Ilva alla procedura di insolvenza) sono ancora custoditi in Svizzera. I commissari straordinari Piero Gnudi, Corrado Carrubba e Enrico Laghi stanno trattando per riportarli in Italia, ma i componenti della famiglia accusati di evasione, riciclaggio e truffa ai danni dello Stato nel frattempo hanno fatto ricorso per bloccare il trasferimento.
Quanto alla durata del commissariamento, nel dicembre 2014 annunciando la misura il premier Matteo Renzi aveva spiegato che l’intervento dello Stato nell’acciaieria di Taranto sarebbe durato “tra un minimo di 18 e un massimo di 36 mesi”. A gennaio di quest’anno, nascosta nel decreto sulla riforma delle banche popolari, la prima sorpresa: la nuova società pubblico-privata che dovrebbe essere creata ad hoc per ristrutturare e rilanciare lo stabilimento potrà restare nel capitale del gruppo “fino a sette anni”, prorogabili per altri tre “per specifiche ragioni”. Vale a dire fino al 2025. Peccato che nel frattempo della “newco” partecipata da Cassa depositi e prestiti si siano perse le tracce. In primavera il direttore generale del siderurgico di Taranto, Massimo Rosini, aveva annunciato che sarebbe nata “in autunno”, probabilmente a ottobre. Invece nulla di fatto. Ora il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi sostiene che sarà creata entro dicembre e amministrerà l’Ilva per 24-36 mesi durante i quali dovrebbe essere completato il risanamento ambientale ma dovrebbe anche ripartire a pieno ritmo la produzione.
Il tutto mentre l’azienda si appresta a chiudere l’anno con un rosso vicino ai 500 milioni. Sul fronte giudiziario, il commissario Gnudi e il predecessore Enrico Bondi sono indagati per “getto pericoloso di cose e gestione non autorizzata dei rifiuti e a dicembre parte il processo per disastro ambientale a carico di 44 imputati. Nel frattempo, Bruxelles incombe: la relazione tecnica cita un parere motivato con cui la Commissione ha avvertito che “le autorità italiane devono eseguire gli interventi di messa in sicurezza e bonifica diretti a sanare l’inquinamento causato dallo stabilimento siderurgico” e ha ricordato che “la mancata ottemperanza comporta l’assoggettamento dello Stato a sanzioni pecuniarie“. Di qui la nuova garanzia statale. Che però non copre le piccole imprese dell’indotto, a cui invece le bozze della manovra riconoscevano un accesso semplificato al fondo di garanzia stabilendo che “la valutazione del merito di credito delle imprese beneficiarie è effettuata dai soggetti richiedenti, senza ulteriori valutazioni da parte del Consiglio di gestione del fondo”.