Non ha contribuito allo sviluppo, anzi: ha minato le fondamenta dell’ordine internazionale, con impatti devastanti sui diritti umani. Il dispositivo Isds, contenuto in centinaia di accordi di libero scambio siglati nell’ultimo quarto di secolo, ha responsabilità pesanti, e nemmeno la riforma proposta dalla Commissione europea mette al sicuro le società dalle drammatiche ricadute. Lo afferma Alfred de Zayas, esperto indipendente delle Nazioni Unite, nel suo quarto rapporto sulla “Promozione di un ordine internazionale equo e democratico”. Il commercio, secondo de Zayas, deve essere plasmato in modo da “funzionare per i diritti umani e lo sviluppo, e non contro di essi”.
Nella relazione, presentata lunedì all’Assemblea generale, l’esperto concentra l’analisi sull’impatto degli accordi sugli investimenti e chiede l’abolizione dell’Isds. Un attacco durissimo al sistema che, prima di una sollevazione pubblica, l’Unione europea voleva inserire nel Ttip. E il rischio è tutt’ora in piedi.
«Negli ultimi venticinque anni – ha denunciato Alfred de Zayas – i trattati bilaterali e gli accordi di libero scambio con gli Isds hanno influenzato negativamente l’ordine internazionale e minato i principi fondamentali delle Nazioni Unite, la sovranità dello Stato, della democrazia e dello Stato di diritto. Ciò induce una vertigine morale nell’osservatore imparziale. […] L’Isds ha compromesso le funzioni regolatorie dello Stato e ha portato a crescere le disuguaglianze».
A suffragio della propria tesi, l’esperto cita una sfilza di casi in cui la clausola – che consente alle imprese estere di trascinare uno Stato dinanzi ad opache corti arbitrali private e sovranazionali – è stata invocata per la presunta violazione degli accordi commerciali. La conclusione è questa: non vi è alcuna necessità di privatizzare la giustizia, perché «gli investitori possono sempre adire i giudici nazionali […] o fare affidamento sulla protezione diplomatica e le procedure inter-statali di risoluzione delle controversie».
De Zayas non ha risparmiato nemmeno la recente proposta della Commissione europea di cucire su misura per il Ttip un Investment Court System, più “morbido” dell’Isds vecchia maniera. Infatti, questa corte «soffre di difetti fondamentali e potrebbe essere adottata solo se fosse garantito il primato dei diritti umani, e se le aree essenziali di regolamentazione dello Stato, tra cui il controllo del tabacco, degli standard del lavoro e la tutela dell’ambiente fossero esclusi dalla sua giurisdizione». Concessioni che né Bruxelles, né tantomeno Washington, sono d’accordo a fare. I due blocchi, anzi, vorrebbero accelerare il negoziato con l’obiettivo di concluderlo entro l’Amministrazione di Barack Obama. Ma per il consulente dell’ONU è inaccettabile: va posta una moratoria su tutti i negoziati in corso fino a che tutte le parti non siano state consultate. Questo significa che anche i sindacati, le unioni dei consumatori, gli operatori sanitari, gli esperti ambientali, di diritti umani e tutto l’articolato mondo della società civile hanno il diritto di esprimere un parere. Gli accordi che non sono figli della partecipazione del pubblico e senza una valutazione di impatto in termini di diritti umani (ex ante ed ex post), devono considerarsi privi di ogni legittimità democratica.
“Gli Stati hanno obblighi, contenuti nei trattati sui diritti umani, di informare in modo proattivo il pubblico, garantire l’accesso alle informazioni, consultare l’elettorato e garantire partecipazione pubblica significativa nella conduzione degli affari pubblici – ha osservato de Zayas – La società civile dovrebbe esigere trasparenza e responsabilità da parte dei governi, invocare le disposizioni della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, e chiedere che l’adozione di eventuali futuri accordi bilaterali o multilaterali che hanno il potenziale di influenzare la vita ei diritti di milioni di persone siano oggetto di referendum”.
Con questo rapporto l’esperto delle Nazioni Unite mostra quanto è distante il Ttip dal concetto di sostenibilità spesso declamato dalla Commissione europea e dai Governi dell’Ue.
La stessa Organizzazione delle Nazioni Unite è chiamata a rispondere: Alfred de Zayas ha chiesto anche di indire una Conferenza mondiale degli accordi sul commercio e gli investimenti, al fine di renderli compatibili con la Carta delle Nazioni Unite e le norme sui diritti umani.
“L’Assemblea Generale – ha reclamato – deve fare riferimento, per tali questioni giuridiche, alla Corte Internazionale di Giustizia, chiedendo un parere consultivo sulla priorità che i trattati sui diritti umani dovrebbero avere rispetto ad altri accordi, con la dovuta applicazione dell’articolo 103 della Carta delle Nazioni Unite, la quale prevede che in caso di conflitto essa prevalga su qualsiasi altro accordo internazionale”.
Oltre alla Corte internazionale di giustizia, il consulente Onu ha anche invitato la Corte europea dei diritti dell’uomo, la Corte americana dei diritti dell’uomo e della Corte dei diritti dell’uomo e dei popoli africani a testare la compatibilità degli accordi di libero scambio con le rispettive Convenzioni.