Cambio di rotta nel gruppo Volkswagen, che con lo scandalo delle emissioni manipolate non rischia solo un grave danno di immagine, ma anche economico. Il nuovo numero uno del colosso tedesco, Matthias Müller, avrà a fianco un nuovo responsabile della strategia, e cioè Thomas Sedran, per alcuni mesi a capo di Opel/Vauhxall dopo l’addio di Stracke e prima dell’arrivo dell’attuale numero uno Karl-Thomas Neumann. Un incarico delicato che finora era una competenza non dichiarata ma effettiva di poche persone, fra le quali quelli che oggi sono ormai “ex”, come Martin Winterkorn o Ferdinand Piëch. Lo stesso Müller affronterà domani gli investitori presentando i dati della trimestrale rispondendo personalmente gli esperti del ramo.
Secondo le stime di alcuni analisti sentiti da Bloomberg, Müller avrà l’ingrato compito di annunciare la prima perdita operativa dopo 15 anni di saldi positivi. La previsione è di un “rosso” di poco inferiore ai 3,3 miliardi di euro per il terzo trimestre, sul quale pesano i primi accantonamenti per far fronte ai costi della frode.
A Wolfsburg, si sta facendo strada una nuova strategia: la macchinosa governance dovrà venire radicalmente modificata perché non ha impedito (o, addirittura, ha favorito) che si potesse arrivare alla manipolazione sistematica dei dati sulle emissioni. Nel giro di una decina di giorni, Volkswagen ha creato una nuova posizione nel board of management per l’Integrità e Diritto per la quale ha offerto il posto alla omologa di Daimler. Un atto di umiltà ricambiato con signorilità: Stoccarda ha dato il via libera alla risoluzione anticipata del contratto di Christine Hohmann-Dennhardt, politica socialdemocratica (SPD) e soprattutto ex giudice costituzionale.
Con l’ingaggio di Thomas Sedran ha creato un’altra nuova figura, importante soprattutto in questo momento, ma forse simbolicamente meno significativa. Perché Sedran sembra un manager destinato alle transizioni. Ex consulente di General Motors, era stato chiamato ad occupare “pro tempore” la posizione di amministratore delegato di Opel tra il luglio del 2012 ed il febbraio del 2013, quando gli era subentrato l’ex braccio operativo di Volkswagen in Cina, Karl-Thomas Neumann. Sedran era poi stato dirottato su GM Europe per occuparsi di Chevrolet e Cadillac: la prima pilotata verso l’addio alla parte occidentale del Vecchio Continente e l’altra verso nuovi orizzonti. Malgrado il manager, 51 anni, avesse lasciato General Motors in estate, non è fuorviante affermare che il Volkswagen ha pescato di nuovo dalla concorrenza, puntando però su dirigenti tedeschi.
Il gruppo si è “aperto”, più per necessità che per virtù, ma potrebbe poi trovarsi nella scomoda situazione di dover spiegare come mai il rinnovo di 6.000 contratti a termine sembrerebbe “a rischio”, mentre per ingaggiare due manager i fondi ci sono. Müller in realtà ha spiegato di non aver aver nemmeno avuto il tempo per approfondire la questione e le pressioni da parte di sindacati e Land della Bassa Sassonia, che è azionista con il 12,5% del capitale e il 20% dei diritti di voto, sulla tutela dei posti di lavoro saranno fortissime.
Per il momento Volkswagen si prepara a fare i conti con la colossale operazione di richiamo e aggiornamento oltre che con le varie vicende giudiziarie che potrebbero costare tra i 20 ed i 78 miliardi di euro. E prende atto che il primato di vendite conquistato nel primo semestre 2015 è già sfumato: dopo 9 mesi, la Toyota (inclusi i marchi Lexus, Daihatsu e Hino) ha venduto poco meno di 7,5 milioni di veicoli, contro i 7,43 di Volkswagen Group. Per entrambi i volumi sono calati dell’1,5%.