E’ interessante la polemica che si è aperta in questi giorni: ufficialmente, il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti (leader di un partito che non esiste, Scelta Civica, che i sondaggisti non riescono più a rilevare vista la sua prossimità con lo zero) attacca il capo dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi per una frase a un convegno della Cgil.
La Orlandi si è limitata a dire che l’Agenzia delle entrate rischia di morire, se non si risolve la questione dei dirigenti le cui posizioni sono state dichiarate illegittime da una sentenza. Ora, declassati e con lo stipendio dimezzato, dovranno competere in un concorso pubblico tutto nuovo con i candidati esterni, per riavere lo stesso posto e salario che già avevano.
Niente di male, in via di principio. Ma non è certo la linea che il governo ha tenuto in molte altre occasioni (basta pensare alla scuola, dove si preferisce immettere in ruolo chi è in graduatoria da anni e magari svolge altri lavori piuttosto che aprire ogni volta la competizione). La Orlandi sostiene che la scelta del governo indebolisce l’agenzia. Il sottosegretario Zanetti dice di no.
Dettagli amministrativi su cui è difficile avere una idea netta dall’esterno. Ma la posizione del governo sarebbe sicuramente più sostenibile se la polemica con la Orlandi avesse sullo sfondo norme solide anti-evasione. Invece, guarda caso, arriva proprio mentre il governo compiace i contribuenti infedeli, mettendoli al centro della propria strategia fiscale.
Questa mattina a Omnibus, su La7, Zanetti è stato onesto: ha spiegato che non c’è alcuna giustificazione economica per la scelta di alzare da 1000 a 3000 euro il limite alle operazioni i contante, e neppure per abolire il divieto di pagare cash il canone di affitto o i fornitori nella catena dell’autotrasporto. Reduci da giorni di patetici tentativi dei renziani di citare “molti studi internazionali” o “anche la Cgia di Mestre” per sostenere che rimuovere gli ostacoli al nero aiuta l’economia, viene da essere grati a Zanetti per la franchezza.
Il governo ha scelto questa peculiare declinazione del concetto di “fisco amico”. Nel senso che se sei abbastanza furbo da aggirarlo, il fisco non protesterà troppo e tollererà, con amicizia. A tutte spese di quelli che invece non vogliono, o semplicemente non possono, cercare di imbrogliare.
E’ una scelta precisa.
Anche Mario Monti, nel 2011, sapeva che schedando i Suv a Cortina per cercare di capire se i proprietari avevano dichiarazioni dei redditi che giustificassero quei consumi, o mandando la Finanza nei ristoranti, non pensava di salvare così i conti pubblici. Ma era un segnale: milioni di contribuenti che si accingevano a pagare di nuovo l’Imu sulla prima casa hanno avuto l’impressione che il governo fosse determinato a far pagare prima gli evasori, i furbi, i criminali fiscali, scaricando sui più deboli solo la parte inevitabile dei sacrifici.
Ora è l’inverso: appena arriva un po’ di ripresa, il governo Renzi si accerta che i primi a beneficiarne siano gli evasori, attuali e potenziali, tutti coloro che si pongono il problema di come fare acquisti con 3000 euro in contanti o di farsi pagare cash l’affitto delle loro case comprate – magari in contanti, magari pagandone una parte i nero – come investimento per far emergere ricchezze accumulare in modi non sempre leciti.
Cari renziani, ricordatevi una cosa: in Italia l’evasione è di massa. Ma i contribuenti onesti – per convinzione o per contratto – sono ancora la maggioranza.
Quando arriverà il conto delle clausole di salvaguardia, quando dovremo pagare quel buco di 17 miliardi che avete rinviato soltanto di un anno al 2017, chi oggi vede con disgusto i favori che state facendo agli evasori, ve ne chiederà conto.