Non parliamo di Marino, vero?”. Fabrizio Barca è una figura particolare del Pd romano. Mezzo politico e mezzo tecnico, è stato prima ministro con Monti, poi braccio destro di Matteo Orfini nella rifondazione del partito dilaniato da Mafia Capitale. Sul sindaco ha già detto la sua: “Dimissioni sacrosante”, ha scritto a caldo sull’Huffington Post, nel giorno della resa di Marino. Nel frattempo non ha cambiato idea, ma non vorrebbe parlarne più. Ci arriveremo più tardi. Partiamo dalla sua frase più famosa, quella scritta nella relazione a cui ha lavorato per mesi, sullo stato del Pd romano.
Un partito “cattivo, pericoloso e clientelare”. Si è pentito della definizione?
Mai. Anche perché aggiungevamo, con sorpresa, che in una struttura martoriata e mal governata come quella romana, molti iscritti avevano ancora voglia di fare un partito buono e progettuale.
Sono passati mesi intensi. Oggi com’è, il Pd?
Il commissario (Orfini, ndr) ha chiuso i circoli che abbiamo definito “non utili” alla città. La parte cattiva, sulla carta, è stata cancellata.
Cosa rimane? L’impressione è che sia un partito atomizzato.
La sensazione è fondata. Ogni riorganizzazione è fatta di una fase destruens e una costruens. Il Pd ha conosciuto la fase distruttiva, culminata nella chiusura di 40 circoli. Le dimissioni di Marino ci hanno colto nel punto più difficile, a metà percorso, prima della ricostruzione. Sono molto preoccupato che il processo di cambiamento si arresti e si inverta.
C’è una parte del partito “cattivo” che sfrutta la situazione e usa Marino per tornare ad avere una posizione centrale?
Assolutamente sì. Persone che si appoggiano proditoriamente a Marino, e magari nemmeno lo sostenevano prima. Gli stessi che attaccano Orfini. Sono quelli che sperano che il rinnovamento si fermi.
Quand’è che Marino ha smesso di essere una risorsa ed è diventato un problema?
In questa giunta ci sono state delle grandi rotture con le schifezze del passato. Marino ha avuto il merito di interrompere prassi approvate all’unanimità dal consiglio comunale negli anni di Alemanno. Allo stesso tempo, però, ci sono stati tanti errori. “Scivolate” e confusioni amministrative che piano piano hanno colmato il vaso. Poi è arrivata l’ultima goccia.
Gli scontrini.
Non puoi permetterti tanta superficialità. Chi si era battuto al suo fianco si è sentito tradito più degli altri. Quando sei in trincea, hai grosse responsabilità verso quelli che mandi in prima linea. (Barca si scalda, alza la voce, ndr) Siamo arrabbiati con Ignazio. Sì, siamo arrabbiati. Siamo noi quelli che lo hanno difeso prima. Non quelli che lo difendono solo adesso.
Se la misura era colma, potevate togliergli il sostegno per motivi politici. Gli scontrini sembrano una questione minuta, dalla quale Marino peraltro potrebbe uscire pulito.
Una cosa è uscirne puliti sul piano giudiziario. Una cosa è aver dimostrato l’ennesima – ripeto – l’ennesima scivolata, l’ennesima confusione. Non si fa così. Non ci si difende così. Non si dichiara in pubblico: “Restituisco i soldi”. Un poveraccio che ruba tre chili di pere al mercato, può restituirle come se nulla fosse? Troppi errori, alla fine non era più difendibile. Anche se gli hanno teso delle trappole: è impressionante che una sua assicurazione non firmata finisca sui giornali. Ma scherziamo? Vuol dire che intorno ha delle bestie, delle brutte persone. Anche quello, però, dà il senso di una confusione: la città non può tollerarla, ha bisogno di una serenità e di un principio d’ordine che era venuto meno.
da Il Fatto Quotidiano di mercoledì 28 ottobre