Non v’era da dubitare; o meglio, non v’era da credere che questo governo avrebbe raddrizzato la barra rispetto ai precedenti e una volta per tutte iniziato a finanziare il necessario – sia esso riforme o investimenti o incentivi ai consumi o sussidi alla povertà – riducendo le spese inefficienti, recuperando con metodo e serietà l’evasione fiscale, assestando colpi letali e redditizi alla corruzione che tante risorse drena.
Dopo i silenziosi “allontamenti” dei vari Bondi, Cottarelli, Perotti era palese che la riduzione delle spese causa l’orticaria ai governi; d’altra parte, il fatto che nessuno dei vari che si sono succeduti abbia accennato neppure in prospettiva all’unica misura di reale di contrasto all’evasione fiscale e cioè l’estensione massiccia delle deducibilità, la dice lunga sul reale interesse al contrasto all’evasione, al di là delle “grida” che ogni tanto vengono emesse e alle quali gli evasori fanno sberleffi.
Intanto la corruzione dilaga, approfittando di una burocrazia dirigista che più leggi e regole mette e più crea il terreno per funzionari e amministratori disonesti che sanno come aggirarle a pagamento. Quindi, con beata pace di chi pensava che il “governo del fare” portasse la “svolta buona”, siamo di nuovo lì: le risorse si prendono sempre tassando e tartassando; nel caso delle pensioni, la tassa aggiuntiva si chiama “non perequazione” ed è molto subdola, perché è mascherata da “non tassa”.
Il blocco della perequazione delle pensioni, che il governo Renzi ha esteso fino al 2018 è a tutti gli effetti una tassa, con l’aggravante di non poter neppure essere abolita in futuro, in quanto la perdita di potere di acquisto reale delle pensioni al di sopra dei 2.000 euro lordi mese è perenne: una tassa che verrà pagata per tutta la vita e che per alcuni che hanno subìto tutti gli interventi rapaci dal 2000 a oggi, ha già significato una riduzione perenne della pensione nell’ordine del 15-20%.
Stavolta il governo ha anche vestito impudicamente i panni di Robin Hood, indicando che i “risparmi” della estensione della non perequazione serviranno a finanziare l’opzione donna e l’innalzamento della no tax area per i pensionati. E’ utile sapere che l’innalzamento della no tax area partirà solo dal 2017 e che implicherà la defiscalizzazione su 250 euro, che all’aliquota del 23% significa 57,5 euro netti all’anno. La pretesa di ergersi a Robin Hood è quasi offensiva, perché vuol dare ad intendere alle menti più semplici che il “forziere” dei pensionati al di sopra di 2.000 euro lordi/mese sia l’unico luogo dal quale sia giusto e si possano attingere le risorse per due operazioni che nessuno mette in dubbio siano necessarie ma che, come piacerebbe, potrebbero essere finanziate da una a caso delle tre cose citate: riduzione di spese inefficienti, evasione fiscale e corruzione.
L’estensione dalla non perequazione è anche uno schiaffo alla Consulta, la cui sentenza è stata prima aggirata elemosinando il “bonus Poletti” che rappresenta pochi punti percentuali del sottratto e ora viene quasi sbeffeggiata, reiterando un provvedimento che la Consulta ha censurato anche e soprattutto per la sua continuazione nel tempo. Contro il bonus Poletti piovono ricorsi, con escalation fino alla Corte europea e c’è da immaginare che altri e numerosi ne verranno contro la recidività del “dolo sperequativo” e la sua natura essenzialmente fiscale applicata in modo esclusivo ai pensionati.
Eppure il comunicatore Renzi aveva appena dichiarato che “abbassare le tasse è giusto, non è né di destra né di sinistra”; si riferiva all’abolizione della Tasi e ha tentato di sfruttare un’altra caratteristica delle menti semplici: quella di non articolare il ragionamento e non vedere lo scenario complessivo. Sono sempre stato convinto che Renzi non avrebbe abbassato le tasse, ma che avrebbe compensato alcune riduzioni con altri aggravi e puntualmente ci siamo.
Per uscire un momento dall’ambito pensionistico, la manovra blocco perequazione/opzione donna/no tax area è intellettualmente equivalente ad aumentare le aliquote Irpef dal terzo scaglione (28.001 € lordi/anno) in su per finanziare poniamo la riduzione del canone Rai e un incremento cosmetico dell’indennità di disoccupazione; tutti riconoscerebbero le due cose necessarie ma non sarebbero assolutamente d’accordo sulla forma di finanziamento.
Infine, colpendo come sempre i redditi noti – nel caso specifico i pensionati sopra 2.000 € lordi/mese -, si va ad aggravare sempre di più una situazione fiscale già assurda e sbilanciata, come bene hanno spiegato Alberto Brambilla e Paolo Novati qualche mese fa, perché al di sopra dei 2.000 euro lordi/mese si vanno a colpire quei contribuenti che non solo già si fanno carico di quasi tutta la fiscalità diretta, dato che rappresentando circa il 50% dei contribuenti effettivi – pari al 25 % della popolazione – versano insieme oltre l’85% di tutta l’Irpef, ma anche pagano tutti i balzelli aggiuntivi basati sul reddito, si chiamino essi ticket sanitari, tasse scolastiche, addizionali locali etc.
Se poi guardiamo ai pensionati “d’oro” che oltre alla non perequazione aggiuntiva già pagano contributi di solidarietà, troviamo che fanno parte della schiera dell’ 1,3% dei contribuenti effettivi – o 0,65 % della popolazione – che versa il 16,5 % di tutto il gettito.
Altro che Robin Hood; gabelle che peggio dello sceriffo di Nottingham! E intanto gli evasori fiscali e contributivi gongolano.