Due giorni prima che si chiudesse il Sinodo dei Vescovi della Chiesa cattolica, dedicato alla famiglia, svoltosi in Vaticano nel mese di ottobre 2015, ho pubblicato il mio “Pacchetto del Mercoledì” con le mie previsioni sulle conclusioni dell’assise che si sono puntualmente avverate, senza nemmeno un grande sforzo per prevederle. Non c’era bisogno di immaginazione per capire che non vi sarebbe stata alcuna rivoluzione perché abbiamo assistito alla solita metodologia clericale che, rimescolando un po’ le carte, un colpo al cerchio e uno alla botta, ha lasciato le cose come stavano, salvo prendere atto della realtà della vita e della storia, quando ormai è troppo tardi. Ho intitolato la mia riflessione “Un Sinodo inutile perché fuori tempo“.
Leggendo le quasi novanta pagine delle conclusioni, non posso che confermare la mia impressione che anzi si rafforza. Rendo onore a Papa Francesco che ce la sta mettendo tutta per dare una sberla all’immobilismo atavico di vecchi armamentari che non possono più stare in piedi né dal punto di vista scientifico, né –Mirabile dictu! – da quello biblico e poi teologico, psicologico e antropologico. Il Papa è figlio del suo tempo, condizionato anche lui dall’impostazione teologica in cui è vissuto per tutta la sua vita, ma è onesto, ha senso ecclesiale ed è anche gesuita, uomo cioè con personalità formata e consistenza psicologica stabile.
Non è attaccato al potere in sé, né al papato e appena si accorgerà di non essere più in grado, darà le dimissioni. Egli sta provando a recuperare il tempo perduto con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, i due papi che hanno affossato con convinzione il concilio Vaticano II, ma lunga è la via e arduo il cammino in una realtà clericale (non ecclesiale) attaccata alla religione come controllo e quindi alleata di ogni potere (anche corrotto) che ne garantisca l’esistenza con leggi privilegiate, favori e anche intrallazzi vari. Il clero non è pronto perché, culturalmente impreparato, confonde teologia con formule imparate a memoria nei trattati che sono ancora quelli della neoscolastica, rimasticata nel XIX, dopo il concilio Vaticano I che ha tentato di definire l’infallibilità del papa come variante del potere temporale perduto con la breccia di Porta Pia. Il marchingegno non è riuscito e oggi il Papa che vuole mettere in discussione il papato stesso come storicamente si è realizzato deve combattere contro i difensori dell’infallibilità assoluta, cioè con i papalini più papalini del Papa. L’inconsistenza dell’episcopato italiano ne è una prova.
Pare che il Sinodo abbia fatto una timida apertura alle coppie divorziate e risposate, parlando di “discernimento caso per caso”. Buono a sapersi, buongiorno e buonasera. Nella parrocchia di San Torpete, da quando ho iniziato il mio servizio in centro storico a Genova, dopo il mio rientro da Gerusalemme, cioè da almeno dieci anni, abbiamo sempre applicato il criterio del “discernimento” – e io aggiungo – “della coscienza” informata e formata. Credo che sia giunto il tempo di considerare le persone non più “suddite”, ma adulte e capaci di scelta davanti a se stessi e a Dio. È finito per sempre il tempo del prete che dice cosa bisogna fare e non fare. Egli può aiutare a capire, ad approfondire, a valutare, ma non può sostituirsi alla coscienza personale davanti alla quale anche Dio cede il passo e s’inginocchia. Nella mia chiesa separati e divorziati fanno la comunione in forza del principio del “discernimento” che il Sinodo ha inverato come criterio efficace per tutta la Chiesa. La mia colpa semmai è quella di avere anticipato i tempi di qualche decennio a San Torpete e di oltre quarant’anni ovunque sono stato, perché mi ha sempre guidato il criterio del primato della persona sulla lettera della Legge: “Il sabato è per l’uomo, non l’uomo per il sabato” (Mc 2,27).
Se questo Sinodo si fosse svolto negli anni ’60 al posto dell’enciclica “Humanae vitae“, che segna l’inizio del fallimento postconciliare della Chiesa cattolica, avrebbe avuto un altro impatto, ma ora che buoi e stalle sono scappati e non tornano più, nel 2015 è fuori tempo massimo, ottimo per illudere gli eminentissimi, travestiti da donna con abiti filettati e berretti da circo, di essere custodi della “dottrina” nella quale nemmeno loro credono a vedere comportamenti e scelte. Prendiamo atto che con il Sinodo la vecchia chiesuola è finita per sempre, nonostante i complotti e le manovre. Noi restiamo in attesa che spunti l’alba di una nuova “ekklesìa” che possa annunciare la «Stella del mattino che non conosce tramonto» (Preconio pasquale).