La decisione della Corte d'appello di Milano. Il 22enne marocchino era stato fermato nel milanese su richiesta dell'autorità di Tunisi. Poi fu accertato che nei giorni della strage si trovava a scuola a Trezzano sul Naviglio. Il no all'estradizione perché avrebbe rischiato la pena di morte. La custodia cautelare revocata di conseguenza. Il procuratore aggiunto Romanelli: "L'indagine non ha portato a elementi sufficienti per chiedere processo". Avviate le pratiche per l'espulsione
Esce dal carcere Abdel Mayid Touil, il 22enne marocchino arrestato cinque mesi fa a Gaggiano (Milano) con l’accusa di aver avuto un ruolo nella strage a Museo del Bardo a Tunisi. Lo hanno deciso i giudici della V Corte d’Appello di Milano, che oltre a revocare la misura cautelare hanno negato l’estradizione di Touil. Alla base della decisione, il fatto che in Tunisia il giovane sarebbe stato punito con la pena di morte, motivo “ostativo” all’estradizione secondo la legge italiana. Da qui la decisione sulla scarcerazione. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, titolare dell’inchiesta aperta in Italia sul giovane, ha annunciato che al termine del’indagine la Procura ha chiesto al gip l’archiviazione, perché a suo carico non sono emersi elementi che lo collegassero alla strage. Intanto nei confronti di Touil, irregolare sul territorio italiano, è stato adottato un provvedimento di espulsione.
Il giovane era stato arrestato lo scorso maggio su richiesta delle autorità tunisine. La vicenda è apparsa da subito controversa, dato che diverse testimonianze davano Touil presente in una scuola di Trezzano sul Naviglio nei giorni dell’assalto armato al museo di Tunisi, che ha provocato 24 morti, la maggior parte dei quali turisti, compresi 4 italiani.
A comunicare il no alla consegna del giovane alla Tunisia è stato il presidente della Corte d’appello di Milano Giovanni Canzio con una nota ufficiale. “Con sentenza del 26 ottobre 2015, depositata in data odierna, – si legge nel comunicato – la Quinta sezione penale della Corte d’appello di Milano, su conforme requisitoria del procuratore generale, ha negato l’estradizione verso la Tunisia di Touil, accusato di essere coinvolto nell’ attentato al museo del Bardo di Tunisi avvenuto il 18 marzo 2015”.
“I fatti più gravi contestati all’estradando – continua la nota – sono puniti dal codice penale tunisino con la pena di morte. La pena capitale è ostativa all’estradizione, non essendo ammessa nell’ordinamento italiano (Costituzione, art. 27, quarto comma)”. D’altra parte la convenzione bilaterale di estradizione Italia-Tunisia non prevede alcun meccanismo di conversione della pena di morte in altra sanzione detentiva. Né l’autorità tunisina ha fornito alcuna assicurazione sulla non esecuzione della pena capitale”. “Al diniego di estradizione – conclude Canzio – consegue automaticamente la revoca delle misure cautelari e la scarcerazione dell’estradando”.
Touil, che si è sempre detto innocente, è accusato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Enrico Pavone di terrorismo internazionale nell’ambito di un’indagine che sta per essere chiusa e che comunque ha appurato che il giorno prima e il giorno dopo la strage, avvenuta il 18 marzo scorso, il giovane era in Italia, in quanto risultava presente alle lezioni serali di lingua italiana: lo dimostra il registro di classe della scuola di Trezzano sul Naviglio dove si era iscritto.
Intanto la questura di Milano fa sapere con un comunicato che la posizione del 22enne è di “irregolarità sul territorio italiano e pertanto nei suoi confronti è stato adottato un provvedimento di espulsione; in attesa dell’esecuzione del quale”, sarà trattenuto nel Cie di Torino. Contro il provvedimento il 22enne potrà proporre ricorso. “Dopo lo sbarco avvenuto a Porto Empedocle il 17 febbraio scorso – ricorda la questura – Touil era già stato colpito da un provvedimento di respingimento emesso dal Questore di Agrigento, con ordine a lasciare il territorio dello Stato entro sette giorni; provvedimento non ottemperato”. Prima di arrivare sul barcone di migranti partito dalla Libia, al giovane, come lui stesso ha ripetuto, sarebbero stati presi “documenti e telefonino dagli scafisti”.