Il racconto di Loris Rispoli, che rappresenta il comitato "140": "Sono rimasto molto colpito. E' stata una chiacchierata assai cordiale. Mi ha chiamato presidente e io gli ho risposto: qui l'unico presidente è lei, io sono solo un cittadino e mi chiamo Loris. Ci siamo fatti una risata e abbiamo iniziato a parlare"
“Non me lo sarei mai aspettato”. Si dice “colpito” Loris Rispoli, presidente di “140”, una delle associazioni dei familiari delle vittime della tragedia del Moby Prince. Ha appena ricevuto la telefonata del presidente del Senato Piero Grasso che ha scritto una lettera-ultimatum ai capigruppo di 4 gruppi parlamentari che non hanno ancora nominato i senatori per la commissione d’inchiesta che dovrà indagare sugli aspetti controversi della sciagura di Livorno del 1991, quando morirono 140 tra passeggeri e membri dell’equipaggio. Un’accelerazione che porterà l’organismo d’inchiesta a operare già dalla prossima settimana con una prima seduta: “Quindi niente sciopero della fame” dice Rispoli che aveva minacciato la protesta sotto forma di disobbedienza civile se non ci fossero stati sviluppi a breve. “Oggi mi ha chiamato lo stesso Grasso, non me lo sarei mai aspettato. Una grande soddisfazione. La strada per arrivare alla verità resta ancora lunga e tortuosa ma oggi abbiamo fatto un altro piccolissimo passo in avanti”.
Rispoli, la situazione sembra essersi sbloccata…
Sì, finalmente: è un momento che aspettavamo da mesi.
Niente sciopero della fame, quindi?
No, niente protesta. Il nostro obiettivo è stato raggiunto, anche se ovviamente continueremo a tenere l’attenzione alta. Sono molto soddisfatto, in questi giorni ho incontrato molte persone che per strada o via social network mi invitavano a ripensarci e a trovare dei metodi alternativi di protesta, come ad esempio stracciare le tessere elettorali o le carte d’identità: io però ero determinato a andare avanti con quello che avevo deciso.
Se l’aspettava questo “strappo” del presidente del Senato?
Non mi meraviglia. Il presidente è una persona di polso, un personaggio forte che proviene dal mondo della magistratura: ha un piglio autorevole.
E’ vero che oggi Grasso l’ha chiamata?
Sì, abbiamo parlato una decina di minuti. Sono rimasto molto colpito. E’ stata una chiacchierata assai cordiale. Mi hanno contattato dalla sua segreteria: quando ho sentito che il presidente del Senato in persona voleva parlare con me quasi non ci credevo, non me lo sarei mai aspettato. Grasso ha esordito dicendo “Buonasera presidente, sono il presidente Grasso”… Io gli ho subito risposto: “Qui l’unico presidente è lei, io sono solo un semplice cittadino e mi chiamo Loris”. Ci siamo fatti entrambi una bella risata e abbiamo iniziato a parlare.
Era la prima volta che parlava con lui? Cosa vi siete detti?
Sì, prima d’oggi non avevo mai avuto modo di parlarci. Grasso in un certo senso si è scusato, mi ha detto che non era al corrente del fatto che alcuni gruppi politici non avevano ancora effettuato la nomina dei commissari: era insomma convinto che tutti i venti nomi fossero già pronti.
E poi?
Mi ha detto che il suo impegno per cercare di fare chiarezza su questa tragedia c’era, c’è e ci sarà sempre.
Le ha detto qualcosa riguardo alla sua minaccia di intraprendere lo sciopero della fame?
Grasso mi ha confermato il suo impegno e ha auspicato una mia marcia indietro.
Come si è conclusa la telefonata?
L’ho ringraziato di cuore. Grasso è stato uno dei parlamentari a spingere con maggior forza affinché in Italia si aprissero “armadi” e “cassetti” per fare finalmente chiarezza su alcune stragi del passato.
Ci sono alcune forze politiche che vuole ringraziare in particolare?
Il senatore del Pd Marco Filippi e i parlamentari di Sel e del Movimento 5 stelle hanno sicuramente svolto un lavoro importante e tenace, mantenendo fino in fondo il loro impegno.
Cosa pensa adesso?
La strada è ancora molto lunga e difficile però con l’istituzione della commissione d’inchiesta abbiamo fatto un altro piccolissimo passo in avanti per portare alla luce la verità.
Tra le tante iniziative messe in atto per tener viva l’attenzione sulla vicenda del Moby Prince c’è anche quella relativa alla vendita di magliette con sopra scritto #iosono141.
Nel giro di due mesi ne abbiamo vendute 500 e adesso sono stato costretto a ordinarne altre 50 poiché i lavoratori di un’officina ne hanno chieste 18. I proventi delle vendite servono per coprire le spese della nostra associazione. Adesso venderemo anche le felpe: me ne sono già state ordinate una trentina. Mi fa molto piacere, è il segno che ci sono ancora tante persone che non vogliono smettere di cercare la verità.