Parla l'imprenditore trapanese accusato dall'Antimafia di Firenze di aver favorito la mafia: "La mia pratica ce l'aveva l'assistente del vicepresidente. La banca mi ha solo sbloccato due mutui"
Quando i nervi gli cedono urla e offende – “mi state rovinando: il suo è un giornale di merda!” – poi in un attimo sembra diventare un altro: “Mi perdoni, sono una persona dolcissima, ma da giorni non chiudo occhio”. L’imprenditore trapanese Andrea Bulgarella è nel suo ufficio di Pisa: la Procura di Firenze lo accusa di reati finanziari – insieme con il vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona e il suo braccio destro, Roberto Mercuri – con l’aggravante di aver favorito la mafia e, in particolare, Matteo Messina Denaro. Al centro dell’indagine la ristrutturazione di un debito da 65 milioni con Unicredit. Bulgarella si dimena come un animale ferito a morte. Racconta che lui, Messina Denaro, non l’ha mai conosciuto. Cita decine di uomini delle istituzioni – carabinieri, poliziotti, prefetti – a volte parlandone bene, altre molto male. Nel suo racconto c’è però almeno un punto che non convince: ricorda tutto, da trent’anni a questa parte, ma quando si tratta di nominare Mercuri, l’uomo che secondo l’accusa si occupava della sua pratica in Unicredit, per ben quattro ore ne storpia il nome, sostiene di non ricordarlo, come se neanche sapesse chi è.
Bulgarella, per lei chi era Mercuri?
Degli amici mi avevano detto che a Milano c’era un ragazzo (Mercuri, ndr) che conosceva Palenzona… per la mia pratica…
Un “ragazzo”: si riferisce a Mercuri?
Sì. Non credevo ci avrebbe dato una mano, ma speravo fosse l’angelo in paradiso che poteva aiutarci.
Lei con le banche era in difficoltà.
Mi faccia il nome di un imprenditore che non lo è. I bancari non esistono più: comanda solo la finanza. Comunque ritengo d’essere stato vittima di usura per parecchi milioni, fregato con i derivati…
Da Unicredit?
Anche. Da parecchie banche, perché altrimenti non mi davano i fidi…
Questa è la sua versione su usura e derivati, non sappiamo se sia vera, ma le sembra normale che della sua pratica si occupi Mercuri che in Unicredit non ha alcun ruolo?
Io non ho parlato con Mercuri. A me non hanno dato la ristrutturazione del debito. Pagavo centinaia di migliaia di euro solo per far studiare la ristrutturazione a società esterne. Sei mesi fa mi sono venduto gli orologi per pagare gli stipendi ai dipendenti. Non ho più blocchetti di assegni, né carta di credito, non posso più lavorare… E lei pensa che sia amico di Palenzona? Io lo odio.
Se odia Palenzona perché invece giustifica Mercuri?
Io non giustifico nessuno… Ma in fondo che ha fatto Mercuri? Ma chi lo ha visto mai!
Ci parlava il suo amico Tumbiolo, per conto del suo gruppo.
Io procedevo con carte ufficiali: ho fatto mille raccomandate per parlare con i vertici…
Li ha incontrati?
Mai incontrati.
Finché non è intervenuto Mercuri, stando agli atti d’indagine.
Non lo so se è stato Mercuri… a un certo punto mi hanno detto che dovevo andare a Milano e ci sono andato. A questo Mercuri l’ho visto una volta sola nel corridoio… nella piazza lì, della banca… me lo hanno presentato e l’ho salutato, non ci ho preso neanche un caffè. E poi non è stato mica risolto il mio problema. Mercuri nelle intercettazioni dice che a lui, della mia pratica, non gliene frega niente.
Mercuri vi ha fregato?
Non mi ha chiesto soldi.
Non credo che, se mai li avesse chiesti, lei lo ammetterebbe: vi ha preso in giro?
Certo. Ora mi faranno pure fallire. Ma quali sono i favori che mi hanno fatto? Mi hanno fatto perdere sei anni per la ristrutturazione. Unicredit mi ha solo sbloccato due mutui.
Due mutui sbloccati, non è poco. E non le hanno mai detto ‘restituisca i soldi e basta’, come capita alla gente normale. Non è un favore?
Ho depositato perizie in cui, secondo me, c’è l’usura sugli interessi: come facevano a chiudermi il conto? Qualche giorno fa ho scoperto che non erano neanche in grado di esaminare la mia controperizia, hanno chiesto a un terzo di fare i conteggi che, senza l’usura, consigliava di chiudere la mia pratica a 6,9 milioni. Nelle intercettazioni invece volevano darmi 700 mila euro. Le pare un favore?
Passiamo all’accusa più infamante: l’aggravante mafiosa. Mafiosi ne conosce?
Nel 2000 ho denunciato un mafioso che lavorava in un tribunale, al presidente della Repubblica. Quando Ottaviano Del Turco era presidente della commissione Antimafia gli ho scritto per denunciare appalti truccati. Negli anni Novanta portai il comandante provinciale dei carabinieri a verificare di persona che un terreno era in mano alla mafia, occupato da un pecoraio, oggi di quel terreno può godere qualsiasi turista: c’è il tramonto più bello del mondo, in mezzo alle saline di Trapani. Io non ho mai conosciuto nessun mafioso in vita mia.
L’ex presidente Totò Cuffaro lo conosceva bene.
Cuffaro era amico di mio cugino Puccio quando non era neanche onorevole. L’ho conosciuto e l’ho stimato. Non gli ho mai chiesto niente. E neanche lui a me. Ne posso parlare male?
È in carcere per mafia.
Cuffaro è in carcere con dignità: ha le palle. Poi ha sbagliato. È grave. Non lo voglio giustificare. Però apprezzo che accetti la sua condanna in silenzio. Marcello Dell’Utri non s’è comportato così. È scappato: pensa che possa apprezzarlo?
Giovanni Brusca dice che un Bulgarella, cugino di Puccio Bulgarella, era ‘a disposizione’ di Cosa Nostra. Lei è cugino di Puccio Bulgarella e la procura è convinta che Brusca si riferisca a lei.
Brusca non dice nulla. Per 24 anni non ha mai parlato di Bulgarella. Ma come: dice che non conosce me, che sono il primo imprenditore di Trapani, ma invece conosce mio cugino Puccio, che è un centesimo di quello che sono io. Io, quando parlo, faccio nomi e cognomi: Brusca che fa? Deve raccontare un particolare! Uno solo! Invece è vago. È una persona che neanche si deve nominare: non è un mafioso, è un animale!
Angelo Siino – detto il ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra – dice di averla conosciuta personalmente e che Matteo Messina Denaro gli disse che lei era a disposizione della famiglia mafiosa. Poi parla dei suoi controversi rapporti con la famiglia Virga.
Siino l’ho visto solo una volta in vita mia, perché conosceva mio cugino Puccio. Entriamo in un ristorante, Puccio me lo presenta, lo saluto, ma non mi siedo e me ne vado. Punto. Per quanto riguarda il figlio di Virga, in un’intercettazione che ho prodotto io – la procura non l’ha depositata integralmente – mi definisce “sbirro” e “tinto”, altro che mafioso. Non ho mai visto Matteo Messina Denaro in vita mia. Non ho mai pagato tangenti. Neanche un regalo. Mai! Non ho preso neanche un caffè con un mafioso. Con generali dei Carabinieri, questori, poliziotti, sì. Con i mafiosi mai! Amico mio, se per trovare Messina Denaro cercano me, non lo troveranno mai. Sono ridicoli. Io a Castelvetrano non ci sono mai stato. È a 150 chilometri da casa mia.
Da Il Fatto Quotidiano di giovedì 29 ottobre 2015