La donna ha riconosciuto il figlio nelle immagini diffuse dalla polizia che lo ritraevano mentre teneva per mano un piccolo profugo di 4 anni bosniaco, scomparso il primo ottobre e ritrovato cadavere nel bagagliaio dell'auto dell'uomo. Che durante l'interrogatorio ha parlato di un altro bimbo ucciso
La polizia lo ha arrestato dopo che nel portabagagli della sua auto è stato ritrovato il corpo di Mohamed, un bambino di 4 anni bosniaco, scomparso da Berlino il primo ottobre, violentato e poi strangolato con una cintura. Ma durante l’interrogatorio nel quale ha confessato di essere stato lui a ucciderlo, il 32enne Silvio S. (questi gli unici dati forniti dalla polizia) ha ammesso al procuratore Stefan Stoeher di essere il responsabile di un altro omicidio. Quello di Elias, 6 anni, sparito dall’abitazione dei suoi genitori a Potsdam, fuori Berlino, nel luglio scorso. Il serial killer ha raccontato di averlo sepolto a Luckenwalde, non lontano da dove lo ha rapito. Qui, in una colonia di piccoli giardini, la polizia ha trovato un pacco sospetto. Sul posto è giunta un’ambulanza, con una barella e un sacco per i cadaveri. Il responsabile della polizia del Brandeburgo, Michael Scharf, ha detto: “E’ probabile che in quel pacco si trovi il corpo di Elias”.
Due bambini ammazzati nel giro di una manciata di mesi. Un caso seguito direttamente dall’unità speciale della polizia tedesca che ha arrestato l’uomo a Niedergoersdorf, un paesino del sud del Brandeburgo, la regione attorno a Berlino, dove l’uomo – che lavora in un’agenzia di sicurezza – vive nello stesso palazzo dei genitori, al piano di sopra. E proprio dalla madre è arrivata la svolta. “Credo che mio figlio abbia a che fare con il piccolo profugo”. La telefonata alla polizia arriva dopo che la donna ha riconosciuto il figlio nelle immagini riprese dalle telecamere a circuito chiuso che gli investigatori avevano diffuso negli ultimi giorni. Gli chiede se quell’uomo immortalato sia lui, che ammette e racconta quello che ha fatto.
Nelle immagini viene immortalato mentre tiene per mano un bambino. Quel bambino era Mohamed, arrivato dalla Bosnia con i genitori e altri due fratelli. Di lui si perdono le tracce la mattina del primo ottobre, mentre è in coda con la mamma e il papà davanti all’edificio dell’agenzia regionale per la salute e gli affari sociali (Lageso), nel quartiere di Moabit, dove la famiglia deve registrarsi e avviare la pratica del diritto d’asilo. Il piazzale è affollato. Un attimo di distrazione e il bambino svanisce nel nulla. Il killer lo prende per mano e lo porta via. Quattro settimane di ricerche. Poi la telefonata di quella donna e il killer che dice agli investigatori di andare ad aprire quel portabagagli. Dove il corpo del bambino viene trovato coperto da uno strato di sabbia utilizzata per la lettiera per gatti.