L'ex sindaco in conferenza stampa: "Democrazia ridotta a eletti che ratificano dal notaio scelte altrui. Il Partito democratico ha rinunciato a nome e dna". I vertici del partito rispediscono le accuse al mittente. Orfini: "Ora primarie"
“Chi mi ha accoltellato ha 26 nomi e cognomi ma un solo mandante”. “Il Pd ha perso il suo nome e il suo dna”. E ancora: “Speravo che la crisi si potesse chiudere nell’aula in modo da poter spiegare con un dibattito chiaro e trasparente cosa stesse accadendo. Invece si è preferito andare dal notaio, così gli eletti sono stati ridotti a meri ratificatori di decisioni prese altrove”. Quello che Ignazio Marino avrebbe voluto dire da sindaco al consiglio comunale di Roma, lo ha detto da ex sindaco in una conferenza stampa che sarà ricordata come la prima dopo la sua decadenza ufficiale. Teso ma mai dimesso, l’ex primo cittadino ha attaccato “i consiglieri che hanno preferito dimettersi e sottomettersi invece di affrontare un discorso pubblico”, poi ha proseguito, “dicendo ora quello che avrei detto in assise civica”.
Il chirurgo ha raccontato quanto fatto dalla sua giunta negli ultimi due anni, ricordando l’eredità scomoda ricevuta dalla precedente amministrazione e passando in rassegna i provvedimenti più importanti adottati dal suo governo. “Roma con me è tornata virtuosa” ha detto, facendo cenno alla pedonalizzazione integrale di via dei Fori imperiali, alla fine dell’era dei residence, alla candidatura della capitale per le Olimpiadi del 20124, all’approvazione del progetto per il nuovo stadio della Roma. “Abbiamo smesso di consumare suolo e riempire di cemento l’agro romano, e forse questo ha disturbato qualcuno” ha sottolineato Marino.
“Ho chiesto all’aula di spiegarmi i motivi di questa crisi, non ho avuto risposte – ha continuato l’ex sindaco – Ho commesso errori? Certo, ma come si dice in chirurgia, il chirurgo che non sbaglia è quello che non entra in sala operatoria. Quali sono gli errori che ho commesso? Quali le delibere sbagliate?” sono state le domande a cui l’esponente politico non ha ricevuto risposta”. Poi gli attacchi ai vertici del Pd: “Avrei parlato al Partito democratico, il partito che ho fondato e che oggi più mi ha deluso per il comportamento dei suoi dirigenti. Perché il Pd ha rinunciato ai principi della democrazia rinunciando al suo nome e al suo dna“. Non è mancato una nuova accusa ai consiglieri comunali dem: “Dal notaio si va per vendere o comprare qualcosa, chi si professa democratico non può fare questo”. Infine i ringraziamenti e il classico in bocca al lupo a chi verrà dopo di lui: “Auguro buon lavoro al commissario che verrà, perché di lavoro ne avrà tanto da fare. Io finisco qui, ma spero che dalle nostre scelte si riparta. E’ in gioco il futuro di Roma. Si può fermare una squadra, non si possono fermare le idee”.
Dopo l’intervento, l’ex sindaco ha risposto alle domande dei cronisti presenti in sala. E in questo frangente le accuse al Pd sono state fortissime, a partire dai rapporti con il premier Matteo Renzi. “Non ho avuto rapporti turbolenti col presidente del Consiglio perché nell’ultimo anno non ho avuto rapporti” ha detto Marino. Che poi, sulla premeditazione delle dimissioni, ha sottolineato che “chi mi ha accoltellato ha 26 nomi e cognomi e un solo mandante. Certo quando un familiare ti accoltella, pensi se è stato un gesto inconsulto o un gesto premeditato? Io questa riflessione non l’ho ancora fatta. Ma non mi fa piacere vedere da democratico – ha detto ancora – che il Pd è andato dal notaio con chi ha militato nel partito di Berlusconi“.
Renzi: “Nessuna congiura di palazzo contro Marino”. Orfini: “Da lui tante bugie”
Non si è fatta attendere la replica dei vertici del Partito democratico, a cominciare dal premier Matteo Renzi: “Marino non è vittima di una congiura di palazzo, ma un sindaco che ha perso contatto con la sua città, con la sua gente” ha detto il presidente del Consiglio nel corso di un’intervista a Bruno Vespa in cui il segretario dem ha sottolineato anche che “al Pd interessa Roma, non le ambizioni di un singolo, anche se sindaco. E per questo faremo di tutto per fare del Giubileo con Roma ciò che è stato l’Expo per Milano. Questa pagina si è chiusa, ora basta polemiche, tutti al lavoro”. Matteo Orfini, invece, ha preferito ribattere ad altre accuse dell’ex sindaco, prima fra tutte quella di aver preferito evitare il confronto pubblico in consiglio comunale: “Alla conferenza stampa di Marino ho sentito una serie di bugie – ha detto il presidente del Pd ospite a Otto e mezzo – Noi avevamo dato la disponibilità a discutere in Aula e poi valutare dopo la discussione se era il caso di ritirare le dimissioni. Altrimenti, se lo fai prima, azzeri il timer e basta”. “Marino guardi ai propri errori e non scarichi le responsabilità” ha aggiunto il commissario del Pd romano, che ha ricordato come “il 27 agosto, quando si decideva se sciogliere il Comune di Roma per mafia, Marino era in vacanza. Questo non aiuta i rapporti con la presidenza del Consiglio“.
A chi gli ha chiesto spiegazioni sui suoi rapporti con il premier, Orfini ha sottolineato di aver “il premier Renzi” e di aver “già iniziato a discutere di quello che da domani bisogna fare. I rapporti fra me e lui tesi? A me non risulta, chiedetelo a lui”. Difficoltà di comunicazione sull’asse Campidoglio–Palazzo Chigi? “Opportuno per Renzi sentire Marino? Ha delegato il presidente del partito su questa vicenda – ha detto – Nella sua duplice veste di premier e segretario del Pd Renzi aveva messo a disposizione di Marino persone, strumenti e risorse che lo aiutassero a risolvere i problemi”. Orfini, poi, ha fornito spunti interessanti su quali saranno le prossime mosse dei democratici in vista delle elezioni amministrative post-Marino: in tal senso, Orfini ha annunciato che Marchini “non è un’opzione per noi. La Lorenzin? Dobbiamo cercare una candidatura che tenga insieme il centrosinistra”, quindi “faremo le primarie“.