Mentre sta per approdare alla Camera la riforma della gestione dei beni confiscati il governo stanzia 10 milioni ad hoc. Per 9.654 imprese. L'esperto Lucio Guarino: "I soldi non bastano mai, ma è un buon inizio. Le banche chiudono i rubinetti alle aziende sottratte ai boss"
Dieci milioni di euro all’anno per sostenere le aziende sequestrate o confiscate alle mafie. Con la legge di Stabilità, il governo ha previsto un fondo presso il ministero dello Sviluppo economico per venire incontro alle imprese sottratte al crimine organizzato, che hanno difficoltà a ripartire a causa dello stato di abbandono in cui versano dopo anni di stop imposto dai tribunali. “E’ un atto di civiltà giuridica – spiega l’avvocato Lucio Guarino, segretario comunale di Villabate (Palermo), da sempre impegnato sul fronte dei beni confiscati – Anche se, certo, i soldi non bastano mai. I beni sequestrati e confiscati alla mafia ammontano a decine di miliardi di euro. Ma è pur sempre un buon inizio”.
In effetti i dati del ministero della Giustizia, aggiornati a febbraio 2015, parlano di 9.654 aziende confiscate e sequestrate alle mafie. Calcolatrice alla mano, lo stanziamento della legge di Stabilità equivale a poco più di mille euro l’anno per ogni impresa. Allargando la prospettiva, i numeri riferiscono di oltre 139mila beni sottratti alle mafie, tra immobili, mobili e finanziari, di cui soltanto 5.240 destinati a Stato o enti locali per essere riutilizzati a beneficio della comunità. Non esiste un dato ufficiale sul loro valore, ma Giuseppe Caruso, ex direttore dell’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia, stimava una cifra intorno ai 30 miliardi di euro.
Intanto la Commissione Giustizia della Camera ha terminato l’esame della riforma del Codice Antimafia, che arriverà in aula il 9 novembre. Tra le novità, spiegate dal relatore di maggioranza Davide Mattiello (Pd), la maggiore celerità ed efficienza della procedura che porta dal sequestro alla confisca definitiva. Gli amministratori giudiziari saranno sottoposti a un regime più rigoroso, con un elenco di incompatibilità per garantire trasparenza. Il ruolo dell’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati, inoltre, esce rafforzato e sarà sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio.
Sul fronte delle imprese tolte ai boss, la manovra prevede la destinazione di 7 milioni di euro per “l’erogazione di finanziamenti agevolati in favore delle imprese” depredate dalle mafie. Gli altri 3 milioni di euro, invece, serviranno per la “concessione di garanzie per operazioni finanziarie” nei confronti di aziende confiscate o sequestrate, oppure di “imprese che rilevano i complessi aziendali” delle società sottratte alla malavita. “Quando un’azienda è confiscata alla mafia, quell’impresa non riesce più a operare perché le banche chiudono i rubinetti – spiega Guarino – Non possono fare credito perché mancano le garanzie. Ora a fare da garante sarà lo Stato”.
Lo stesso meccanismo è previsto per le cooperative sociali che hanno in mente progetti da realizzare su terreni confiscati alla criminalità organizzata. “Questi terreni sono spesso consegnati alle cooperative in stato di totale abbandono – prosegue l’avvocato – Questo accade a causa dei lunghi tempi della giurisdizione. Se un vigneto viene confiscato e riassegnato dopo due anni, le piante vanno estirpate e poi reimpiantate. Per fare questo servono finanziamenti, ma i terreni sono di proprietà del comune e le cooperative non possono offrire garanzie alla banca”. E qui torna in gioco lo Stato, che grazie al fondo previsto dalla manovra potrà fare da garante dell’operazione. Si tratta di una pratica che ha già avuto un precedente a livello locale: stiamo parlando del consorzio Sviluppo e legalità, che include i comuni del corleonese e che ha avuto come direttore proprio Lucio Guarino. “Con il consorzio abbiamo introdotto questo meccanismo già dal 2003 – racconta l’avvocato – L’istituzione ha garantito con proprie risorse l’accesso al credito per i progetti sociali delle cooperative, da realizzare sui terreni sequestrati a Totò Riina e Bernardo Provenzano“.