Un singolare destino ha portato proprio a Torino, al Centro Identificazioni espulsioni un”altra vittima della strage avvenuta il 18 marzo a Tunisi, al museo del Bardo. Proprio a Torino, dicevo, perché è la città in cui viveva la maggior parte delle vittime italiane di quell’attentato. E’ un’altra vittima perché il giovane marocchino, arrestato in Italia su mandato di cattura internazionale tunisino, è risultato completamente estraneo all’accusa di aver collaborato a quella strage. Nonostante la decisione del giudice di pace di non convalidare il trattenimento, rimane pendente il provvedimento di espulsione.
La gravità dell’accusa e l’isolamento in carcere lo hanno fortemente minato a livello psico-fisico, e ora, paradosso dei paradossi, rischia anche di essere espulso forzatamente verso il Marocco. Il Marocco inoltre è un paese pericoloso per chi è anche solo lontanamente sospettato di vicinanza all’integralismo jihadista e potrebbe anche estradare Touil in Tunisia, proprio quello che la magistratura italiana ha voluto evitare, riconoscendo infondate le accuse. La vicenda deve richiamare l’attenzione sulla delicata e contraddittoria situazione che sta vivendo la Tunisia. La minaccia “terrorista”, il peso della lotta armata jihadista sono stati enfatizzati a livello internazionale. Si veda la vegognosa decisione presa dal governo britannico di Cameron di richiamare in patria i propri turisti quest’estate, praticamente costringendoli a salire sugli aerei.
Lo Stato tunisino è stato accusato da più parti di impotenza perché i kamikaze del Bardo prima e della spiaggia di Sousse poi hanno agito anche grazie all’indolenza (o alla mancanza di coraggio) di chi doveva fare la guardia. E come spesso succede, non solo in Paesi a democrazia fragile e giovane, le reazioni sono state spesso violente e indiscriminate con ricerca ossessiva del capro espiatorio. Mentre dobbiamo stima e riconoscenza alle forze della società civile tunisina che hanno ricevuto il Nobel per la pace per aver risparmiato al paese gli scontri frontali, cronici e sanguinosi che hanno caratterizzato tanti paesi altri paesi arabi, dovremmo anche ricordare agli amici tunisini che il rispetto dei diritti umani vale sempre. Le abbiamo viste e passate anche noi di recente, peggio ancora è successo a Londra. Ricordate il brasiliano ammazzato in metropolitana solo perchè “scappava”? Non dimenticheremo mai gli avvocati tunisini che con la toga sulle spalle diedero il via al corteo che di fatto segnò la cacciata del dittatore, ma la magistratura tunisina è piena di buchi neri, di residui del regime, e lo diventa a maggior ragione quando è condizionata dal nervosismo governativo. Il giovane Touil rischiava di diventare davvero il capro espiatorio. Compito di un Paese civile, dove vivono i suoi genitori, come l’Italia è di aiutarlo a guarire. Non di espellerlo. E se possibile dovremmo anche cercare di condizionare in senso positivo la concezione del diritto in Tunisia.