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Uteri in affitto, l’India pronta a vietare il business. Ma solo alle coppie straniere

Secondo le indiscrezioni pubblicate dalla stampa nazionale, al vaglio una proposta di legge per rendere effettiva la distinzione, andando a colpire un giro d'affari stimato intorno ai 400 milioni di dollari all'anno, in crescita costante

L’India si prepara a un giro di vite per il mercato della surrogazione di maternità, un servizio che nel paese sta facendo la fortuna di decine di cliniche private spuntate come funghi negli ultimi anni. Lo scorso 27 ottobre l’Indian Council of Medical Research ha avvertito che, secondo il comitato scientifico governativo, la pratica della surrogazione di maternità su territorio indiano dovrà essere vietata alle coppie straniere. Il governo federale, con un affidavit depositato in Corte suprema il giorno seguente, ha rincarato la dose: il ministero della salute, nella lettera, dice di “non supportare la surrogazione di maternità commerciale” ma, contemporaneamente, di volerla permettere “solo per coppie indiane”.

Secondo le indiscrezioni pubblicate dalla stampa nazionale, ci sarebbe già al vaglio una proposta di legge per rendere effettiva la distinzione, andando a colpire un giro d’affari stimato intorno ai 400 milioni di dollari all’anno, in crescita costante. Le posizioni ufficiali però, come spesso accade, sono piuttosto scomposte e non aiutano a chiarire l’entità dell’intervento legislativo annunciato. Anticipando un vago blocco delle surrogazioni di maternità per stranieri – che arriva dopo lo stop per le coppie omosessuali e dei single – non è chiaro quale sia il destino di tutte le coppie straniere che si sono già rivolte alle strutture mediche indiane per il concepimento del proprio figlio biologico nell’utero di una “madre portante” indiana.

L’intervento del governo vorrebbe regolamentare, a modo suo, un mercato che fa dei prezzi competitivi il proprio punto di forza, massacrando la concorrenza internazionale facendo margine sulla pelle delle “volontarie” indiane: una madre portante, per nove mesi di gestazione, riceve fino a 5000 dollari, comprensivi di cure specializzate e monitoraggio medico costante fino al momento del parto: misure precauzionali per garantire la qualità del servizio alla clientela. Ma a parto compiuto, finisce anche la copertura sanitaria, esponendo le madri portanti a tutte le possibili complicazioni post parto senza il beneficio di una polizza assicurativa che le possa tutelare.

Nel 2013 avevamo già rilevato la pratica illegale di “reclutamento” di volontarie da parte di scout al soldo delle medesime cliniche private, attivi nelle zone rurali nei pressi delle cliniche, anello di congiunzione tra la richiesta di madri surrogate e la vastissima offerta di donne indigenti, spesso analfabete, attratte da guadagni facili, consistenti e relativamente immediati. Il sistema ha di fatto aggiustato al ribasso i compensi per le madri portanti, man mano che l’offerta aumentava alimentata dal passaparola, in alcuni casi incoraggiando fenomeni di “maternità seriale”: madri portanti che si sottopongono a gestazioni per conto terzi a scadenza regolare.
Stando così le cose, il divieto di surrogazione di maternità per coppie straniere appare una misura assolutamente inutile, se l’obiettivo fosse quello di tutelare maggiormente la salute e i diritti delle madri portanti. Anzi, potrebbe avere effetti deleteri, come ha spiegato Ranjana Kumari, direttrice del Centre for Social Research, all’Agence France Presse: “Vietare la surrogazione di maternità non farà altro che spingere alcune coppie verso il mercato nero e privare altre coppie della possibilità di avere un bambino”.

La messa al bando parziale non può sostituire una legislazione più stringente in materia che vada a riempire la voragine legislativa che permette la sistematica violazione dei diritti delle madri portanti. Donne che, alla notizia di un futuro blocco delle surrogazioni di maternità per stranieri, hanno protestato nel distretto di Anand, nello stato del Gujarat, un’area ad altissima concentrazione di cliniche private specializzate nel concepimento in vitro. Intervistata dal Times of India, Grace – venticinquenne “in coda” per una nuova gestazione – ha dichiarato: “I soldi guadagnati con la prima surrogazione di maternità li ho spesi per le cure del cancro di mio marito e per la casa. Ora sono in lista per un’altro concepimento, così potrò continuare a sostentare la mia famiglia”.

di Matteo Miavaldi – New Delhi