“Se tutto l’umido raccolto in Italia fosse trattato per la produzione di biometano, otterremmo combustibile sufficiente per rifornire tutti i mezzi che raccolgono tutti i rifiuti urbani del Paese”. Sta in questa frase di Massimo Centemero, direttore del Consorzio Italiano Compostatori (Cic), la magia di quello che sta per accadere nell’impianto di compostaggio di Montello (Bergamo). La struttura, che tratta circa la metà della raccolta dell’umido da raccolta differenziata della Lombardia, si sta attrezzando per trasformare scarti di frutta e residui di cibo in metano, da immettere in rete e da usare per autotrazione, chiudendo virtualmente il cerchio: quello che buttiamo nei bidoni contiene già in sé l’energia per portarli via. “Ho già chiesto a tutti gli operatori che lavorano con me di sostituire i camion attuali con nuovi mezzi a metano”, spiega Roberto Sancinelli, presidente dell’impianto. “Conto di aprire un mio distributore di metano per autotrazione a giugno 2016”, spiega ai giornalisti invitati dal Cic a visitare il più avanzato impianto di compostaggio d’Italia.
Sancinelli è uno che ha saputo passare dalla “brown economy” alla “green economy”: nell’area di Montello, fino agli anni 90 c’era un imputano siderurgico che produceva tondini per il cemento armato. Poi l’imprenditore, sorpreso dalla concorrenza dei paesi emergenti e stimolato dalle emergenze rifiuti, ha dato una rotta nuova alla sua azienda, che ora si occupa esclusivamente di riciclaggio (oltre all’organico, la plastica) e occupa circa 550 persone, contro le 300 circa dei tempi della siderurgia.
L’impianto di Montello riceve 1.200 tonnellate di rifiuti organici al giorno, che vengono riversati dai camion in una grande vasca. Lì vengono liberati da quel 10% di impurità e di materiali indesiderati alla digestione anaerobica, che sono essiccati e trasformati in combustibile solido secondario, perché “non si butta via niente”. Il restante 90% viene trattato da vari “digestori” ad alta temperatura e trasformato in biogas (che poi diventa energia elettrica) e fertilizzante organico, simile a terriccio (nella foto sotto, a fianco del direttore Sancinelli). La scelta di passare dalla produzione di corrente elettrica a quella del biometano deriva dalle scelte del GSE, che dopo aver interrotto i conti energia per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ad agosto ha pubblicato le procedure per la richiesta degli incentivi per la produzione di biogas.
Quando i lavori saranno ultimati, fra qualche mese, la produzione della corrente nell’impianto di Montello sarà ridotta a quella necessaria per l’autoconsumo, mentre il biogas sarà scisso nei suoi due componenti principali: metano (circa il 60%) e anidride carbonica CO2, che sarà venduta per scopi industriali, per esempio per gasare le bibite. “Questo è il primo esempio in Italia di impianto ‘carbon negative‘, immettiamo nell’ambiente meno anidride carbonica di quanta ne preleviamo”. Discorso simile per l’acqua, spiega il direttore dell’impianto. “Per ogni litro d’acqua usato nelle fasi iniziali della lavorazione, ne restituiamo all’ambiente 1,7: l’eccesso deriva direttamente dall’umidità del rifiuto, che viene depurata e rimessa in circolo”. L’impianto di Montello, una volta a regime, sarà in grado di produrre 2.400 metri cubi di biometano l’ora. “Potenzialmente, dal rifiuto organico raccolto in Italia si potrebbero ricavare 500 milioni di metri cubi di metano l’anno”, spiega il direttore del Cic. “Quello di Montello è l’impianto più avanzato, ma altri dieci si stanno attrezzando per la produzione di biogas”.