La nascita della scopa e dello scopone, malgrado i tanti sforzi di appassionati e studiosi, è ancora avvolta nel mistero. Una recente ricostruzione della storia dello scopone è di Sergio A. Bonanni (La storia dello scopone: leggende e realtà per conoscere ed amare di più questo bellissimo gioco, Napoli, Figs, 2013); per raccontarne alcune vicende si fa qui riferimento a lui, a un volume curato da Enrico Malato (Chitarrella, Le regole del gioco del mediatore, del tressette e dello scopone, a cura di E. M., con una “Nota” di Gino Doria, Roma, Salerno, 1991) e a due articoli di Franco Pratesi (Scopone italianissimo, “L’Esopo”, n. 61, marzo 1994, pp. 65-77; La prima edizione di Chitarrella, “Journal of the International Playing-Card Society, XXVII/4, gen.-feb. 1999, pp. 166-172).
La fig. 1 riproduce la seconda edizione di un’opera uscita a Milano nel 1937 (la princeps, irreperibile, è del 1932). Vi compare per la prima volta il testo latino sullo scopone, insieme a una versione napoletana e a una italiana, attribuito a un fantomatico monaco o prete partenopeo (ma per Pratesi si trattò di un laureato in legge); passato alla storia come Chitarrella, sarebbe vissuto fra la prima e la seconda metà del Settecento.
Il Chitarrella, nel giudizio infondato di molti, avrebbe così spiegato la scopa (o scopuncula) e lo scopone (magna scopa): “Scopo sic dicitur quia magna scopa; scopa enim vel scopuncula tribus chartis, scopo nove jocatur. Et scopa nomen accipit a puncto quod fit omnes chartas de tabula tollendo, quasi tabula verrendo” (Le regole dello scopone e del tressette, versione napoletana di Luigi Chiaruzzi [sic], nuova traduzione italiana di Edgardo Pellegrini, illustrazioni di Davide Danti, Bari, Dedalo, 1982, p. 8). E così avrebbe tradotto in napoletano il passo, un secolo dopo (1866), l’editore e libraio partenopeo Luigi Chiurazzi (1831-1926), la cui versione è la stessa contenuta nell’edizione milanese del 1937: “Lo scopone è chiamato accossì pecché è na scopa ngrannuta. La scopa, schiamata purzì scopetta, se joca co tre carte: lo scopone se joca co nove. E la scopa se annomena scopa pe lu fatto ca quanno chi joca tene lo punto arronza tutte le ccarte comme si scopasse la tavola” (Le regole dello scopone e del tressette, cit., p. 8).
Nelle edizioni ottocentesche dell’opera attribuita a Chitarrella non si fa però il minimo cenno né allo scopa né allo scopone. A partire dalla prima di cui abbiamo notizia (fig. 2), nella quale al testo latino è affiancata, pagina dopo pagina, la traduzione italiana; il frontespizio recita: De regulis ludendi ac solvendi in Mediatore, et Tresseptem auctore Chitarrella. Delle regole di giocare e pagare nel Mediatore, e nel Tressette del signor Chitarrella, traduzione dal latino nel nostro idioma italico del sig. N. N. (Napoli, Tip. Cataneo, 1840).
Anche nel volume stampato nel 1866 dal Chiurazzi, le Revole de iocare e pavare lo Mediatore e Tressette dello sio Chitarella pe la primma vota revotate a le[n]gua nosta da n’originale antico, e reportanno lo tiesto latino sotto ad ogne paggena. Co na jonta de lo juoco de la Primera, de l’Aseno, Mercante, Zecchinetto e Briscola Riale […], di scopone non si parla proprio. Vi è un solo, brevissimo accenno alla scopa: “Nome di un giuoco e segno di un punto al medesimo. Scopa” (p. 51).
Nel 1855 era intanto uscito il primo manuale a noi noto sullo scopone: fu pubblicato anonimo (Del giuoco dello scopone, Napoli, Stabilimento Tip. di G. Nobile), ma sappiamo essere stato scritto da un Antonio Capecelatro “alto funzionario statale e direttore di giornale” (Pratesi 1994, Scopone italianissimo, cit.).
Nel 1895 anche il Chiurazzi avrebbe pubblicato un opuscoletto sullo scopone (fig. 4): Codice del giuoco dello scopone esposto in 134 regole e 32 note illustrative che possono considerarsi altrettante regole da un vecchio giocatore. Uno scopone da giocarsi, vi sarebbe stato precisato, con le quattro carte messe in tavola all’avvio (p. 15) che ne contraddistinguono la versione “scientifica”; tanto scientifica, evidentemente, da mettere a dura prova le facoltà di un anziano: “Taluni dicono che lo Scopone sia giuoco da vecchi. Tutto il contrario, ci vogliono giovani di svegliato ingegno e di gagliarda memoria: forze che nei vecchi, tranne rare eccezioni, si vanno indebolendo con la materia” (p. 8 sg.).
Non tutti sarebbero d’accordo.
di Massimo Arcangeli e Sandro Mariani