Per la magistratura contabile l'istituto manca della trasparenza e dei controlli necessari a garantire un'equa distribuzione delle risorse. Questo, insieme al "disinteresse" dello Stato per la propria quota, favorisce l'attribuzione dei fondi alla Chiesa cattolica
Scarso controllo, poca trasparenza e discriminazione tra i soggetti che ne hanno diritto a favore della Chiesa e dello Stato. La Corte dei Conti torna a scagliarsi contro il meccanismo dell’8 per mille. In una delibera appena pubblicata, la magistratura contabile elenca ancora una volta le criticità della gestione dell’istituto: “Il meccanismo che permette ai beneficiari di ricevere più dalla quota indistinta destinata ai possibili beneficiari che non dalle precise scelte dei contribuenti; la rilevanza dei contributi, che ha superato ampiamente il miliardo di euro per anno; la scarsa pubblicità dell’ammontare delle risorse erogate ai beneficiari” unita “al rilevante ricorso delle confessioni religiose alle campagne pubblicitarie”, con “il rischio di discriminazione nei confronti di confessioni non firmatarie di accordi”.
Tutto ciò è favorito, secondo la Corte, dall’assenza di controlli indipendenti e dallo “scarso interesse dello Stato per la quota di propria competenza, essendo l’unico competitore che non sensibilizza l’opinione pubblica sulle proprie attività e che non promuove i propri progetti”.
La magistratura contabile ammette che rispetto al 2014 un lieve miglioramento c’è stato: la diffusione dei dati riguardo la destinazione dei fondi dell’8 per mille ha fatto qualche passo in avanti. In compenso però, si è registrato un “ulteriore rallentamento nell’attribuzione delle risorse di competenza statale.”
Nel report dei giudici contabili si legge che l’assenza di monitoraggio ha causato una serie di errori nell’elaborazione dei dati. Dalle 4.968 schede analizzate è emerso che nell’1,67% dei casi la trasmissione delle scelte non era conforme alla volontà espressa dai contribuenti, mentre nel 5,35% le schede non sono state conservate. Complessivamente il 65% delle dichiarazioni erronee sono state a favore della Chiesa cattolica.
L’anno scorso la Corte dei Conti si era già espressa sul tema sottolineando che i fondi destinati alle religioni erano “gli unici che, nell’attuale contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica in ogni campo, si sono notevolmente e costantemente incrementati”. All’epoca i magistrati contabili avevano notato anche come il flusso di denaro circolante all’interno dell’8 per mille avesse garantito “l’utilizzo di ingenti somme per finalità diverse” creando “un rafforzamento economico senza precedenti della Chiesa italiana”.