Rigore è quando arbitro fischia, recitava un vecchio saggio del calcio come Vujadin Boskov, indimenticato allenatore della Sampdoria. Nel senso che metteva i puntini sui fatti e sull’oggettività, lasciando ad altri polemiche, recriminazioni e retropensieri. Il dato elettorale fuoriuscito dalle elezioni turche dello scorso fine settimana ha molti fatti dietro le urne, l’ultimo dei quali si chiama lotta all’Isis, ma che mi mescola con una serie di ingarbugliate vicissitudini, come la partita per i gasdotti, la nuova guerra fredda che si combatte in Siria tra Washington e Mosca, gli equilibri territoriali, l’esodo dei migranti e il nuovo ruolo degli Emirati, accanto all‘accordo raggiunto con l’Iran.
Turchia, dunque, centrale guardando al panorama mediorientale. Non bisogna però dimenticare che solo dodici mesi fa il governo di Erdogan fu scosso da un immenso scandalo di corruzione, con tre quarti dell’esecutivo coinvolto, finanche il figlio dell’attuale presidente, che con la sua Ong faceva secondo i Mm affari illeciti. Senza un passaggio parlamentare, Erdogan decise per rimpasto e poi elezioni, arrivando anche a minacciare la Magistratura, la stampa a pochi mesi dal bagno di sangue di Gezi Park.
Un altro fronte, silenzioso, si ritrova nell’aggressione turca al gas di Cipro, anche con minacce ad aziende italiane, e con la contemporanea presenza sino a pochi mesi fa in quello specchio d’acqua di una fregata russa, sei caccia israeliani, due navi oceanografiche turche e un sottomarino greco. In sostanza Ankara rivendica titolarietà sul gas presente nelle acque cipriote, ma senza il conforto della legge dal momento che ha invaso Cipro dal 1975 lasciandovi in loco 50militari nel silenzio di Onu e istituzioni internazionali.
La questione turca però sino a questo momento non è mai stata affrontata sino in fondo, in quanto si tratta di uno di quei rari casi in cui una posizione particolarmente strategica di un Paese, sotto il profilo militare e politico, produce una specie di bonus a vita. Alla Turchia sono stati condonati molti atteggiamenti che ad altri Stati non sarebbero mai ammessi? La risposta è sì. Ankara da un punto di vista strategico ha ricoperto il ruolo di partner basilare per l’Occidente impedendo l’uscita della flotta russa al di fuori dei Dardanelli. Come dire che il fatto di essere il cane da guardia piazzato lì a proteggere la strategia anti russa della Nato, di cui è membro, le ha consentito svarioni e atteggiamenti colonizzatori come accaduto a Cipro.
E incassando una sorta di bonus a vita, grazie al quale la comunità internazionale ha deciso di chiudere un occhio (anzi, due) dinanzi ad atteggiamenti che, altro non sono, se non una palese violazione dei diritti. Come il blitz nelle redazioni dei quotidiani anti Erdogan, la crociata contro i social network, sino alla violenza perpetrata senza ritegno contro curdi, armeni e greci del Ponto, passando per il silenzio sui massacri del passato come accaduto a Smirne nel 1922. Il sospetto è che quel plebiscito elettorale ottenuto ieri sia frutto più della paura di un altro caos in quella macroregione che di effettiva scelta politica.
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