Lo studio di Avviso pubblico sulla legge del 1991 che permette di commissariare le amministrazioni condizionate dalla criminalità organizzata. Il record della Campania con 98 procedimenti, i primi casi delle regioni settentrionali. Da Taurianova e Sedriano, molti andranno al voto il 15 novembre. I limiti della normativa di fronte a casi come Mafia capitale. La mappa interattiva
Sono 209 le amministrazioni locali sciolte per infiltrazioni mafiose dal 1991 a oggi, alcune delle quali due o tre volte per un totale di 266 decreti emanati. Ventiquattro sono gli enti ancora commissariati, tra cui un’azienda ospedaliera e un municipio. Tre i comuni prossimi alle elezioni, Taurianova (Reggio Calabria), Sedriano (Milano), Cellino San Marco (Brindisi), dove si andrà al voto il prossimo 15 novembre. E poi c’è il caso di San Luca, in provincia di Reggio Calabria, dove alle scorse elezioni non è stato raggiunto neppure il quorum. Già questo un segnale. È la fotografia scattata da Avviso Pubblico, che ha elaborato una mappa interattiva delle amministrazioni sciolte (vedi sotto). Netto il divario tra Nord e Sud: oltre il 90 per cento dei Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose appartiene a regioni meridionali. Un dato che merita però un’attenta riflessione.
22 COMUNI ORA AL VOTO. Sono in totale 22 gli enti per i quali dovranno essere indette nuove elezioni al termine del periodo di commissariamento. L’istituto dello scioglimento è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 1991. Da allora a oggi (dati aggiornati al 31 ottobre 2015) sono stati emanati nel complesso 412 decreti ex art. 143 del testo unico sugli enti locali (266 più 146 di proroga di precedenti provvedimenti): 23 sono quelli annullati dai giudici. Le amministrazioni locali sciolte per infiltrazioni mafiose sono state fino ad oggi 209: 202 Comuni, una Provincia, 5 aziende sanitarie locali e un municipio. Quarantotto gli enti colpiti da più di un decreto in quasi un quarto di secolo.
IL RECORD IN CAMPANIA: 98 SCIOGLIMENTI, 10 ANNULLATI. Il 93 per cento dei Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose è al Sud. Quattro le regioni maggiormente coinvolte nelle verifiche. Negli ultimi 24 anni sono state 98 le procedure per lo scioglimento aperte in Campania (10 gli annullamenti), 84 in Calabria (8 gli annullamenti) e 66 in Sicilia (4 annullate). Al quarto posto la Puglia con nove iter avviati. Il record negativo va alle province di Napoli e Reggio Calabria con 52 casi ciascuna. Sono 9 i Comuni sciolti tre volte (4 in provincia di Reggio Calabria, 4 in provincia di Caserta e uno nel Palermitano); 39, invece, quelli sciolti due volte in 24 anni.
2012-2013, IL PICCO DEGLI INTERVENTI DEL GOVERNO. “Nonostante le analisi e le denunce sul radicamento delle mafie anche in aree diverse da quelle tradizionali – evidenzia il dossier di Avviso Pubblico – i casi di scioglimento al Nord continuano a essere limitatissimi”. Eppure una differenza è evidente tra quanto accade oggi e la situazione di venti anni fa. Se fino al 2010 (per 19 anni) tra Nord e centro Italia si sono verificati solo due casi (in Piemonte e nel Lazio), dal 2011 ad oggi (nel giro di 4 anni) sono 5 gli enti sciolti per infiltrazioni, con un annullamento. Sono inoltre in itinere verifiche che riguardano regioni coinvolte solo di recente in inchieste antimafia paragonabili agli storici processi che hanno svelato le collusioni tra clan e potere nei territori del Meridione. È il caso dell’Emilia Romagna, dove nei giorni scorsi è partito il più grande processo contro le infiltrazioni mafiose al Nord Italia.
Fino a oggi, dunque, sono state sciolte 266 amministrazioni locali, ma l’andamento non è regolare. I picchi si sono registrati nei primi tre anni di attuazione della normativa e nel biennio 2012-2013. Fra il 1991 e il 1993 i decreti firmati sono stati 21 per i primi due anni (con tre annullamenti) e 34 nel 1993. Quaranta quelli relativi al biennio 2012-2013.
37 CASI APERTI E IL NODO MAFIA CAPITALE. Al momento ci sono 37 interrogazioni parlamentari in attesa di risposta che riguardano possibili infiltrazioni: dalla richiesta di avvio di attività ispettive, all’istanza per verificare i presupposti per l’invio di commissioni di accesso e ad altre questione legate alla materia. Tante sono le gestioni amministrative ancora al vaglio. Basti pensare che su 266 decreti, 105 (di cui solo 9 annullati) riguardano 48 enti già sciolti precedentemente. Dal 1991 a oggi sono state numerose le modifiche alla legge che disciplina lo scioglimento per mafia. “L’esperienza dei primi anni di attuazione – viene rilevato nell’analisi – ha evidenziato l’opportunità di modificare alcuni aspetti della legislazione vigente”. Spesso le stesse situazioni si sono riproposte in enti già oggetto di inchieste precedenti e non è stato neppure possibile prevenire fenomeni oggi presenti anche al Nord e nel centro Italia, come dimostra l’inchiesta Mafia Capitale.
LICENZIAMENTI E INCANDIDABILITA’, LE NOVITA’ IN ARRIVO. Il disegno di legge del governo sulle misure di contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti è attualmente all’esame delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato e contiene alcune disposizioni di modifica del testo unico sullo scioglimento degli enti locali. “Tra le novità – ricorda Avviso Pubblico nello studio – l’obbligo, per gli enti locali sciolti, di ricorrere alla stazione unica appaltante per il periodo del commissariamento e per i 5 anni successivi al rinnovo delle cariche elettive, pena la nullità dei contratti stipulati”. È previsto, inoltre, nei casi più gravi il licenziamento del personale dipendente o la mobilità obbligatoria presso un altro ente. “Più rigorosa, infine, sarà la disciplina sull’incandidabilità – si spiega – preclusa sull’intero territorio nazionale e per un periodo di 6 anni dal provvedimento giurisdizionale definitivo”.