I conti non tornano in Eni. E allora arriva il Fondo Strategico Italiano a ricomprare il 12,5% di Saipem con i soldi della Cassa Depositi e Prestiti, collettore dei risparmi postali degli italiani. Dall’operazione il cane a sei zampe intascherà ben 463 milioni di euro. Ma soprattutto la cessione della quota permetterà al gruppo guidato da Claudio Descalzi “il deconsolidamento di Saipem e il rimborso di finanziamenti netti Eni per 6,1 miliardi”. Non si tratta di poco in un momento in cui il gruppo guidato da Claudio De Scalzi sta soffrendo per il ribasso del prezzo del petrolio ed è stato costretto ad inaugurare una politica di riorganizzazione concentrata sul core-business.
L’Eni ha archiviato il terzo trimestre con una perdita netta da 950 milioni. L’utile operativo è crollato del 79 per cento (-290 milioni) e l’indebitamento a fine settembre si è attestato a quota 18,41 miliardi. In casa Saipem le cose vanno anche peggio al punto che è stato necessario varare una manovra di salvataggio in extremis: il gruppo è stato costretto a reperire 8,2 miliardi, di cui parte arriverà sotto forma di aumento di capitale e il resto attraverso un rifinanziamento. Saipem “è un esempio di campione italiano, riconosciuta nel mondo per le sue capacità”, ha spiegato l’ad Stefano Cao agli analisti nell’incontro dello scorso 29 ottobre a Londra – L’obiettivo è ricostruire l’orgoglio in Saipem e mettere alle spalle i problemi che hanno minato la nostra storica forza”. Ricostruzione che passerà anche per il taglio di un dipendente su cinque per un totale di 8.800 licenziamenti.
Tutta colpa dell’annullamento della commessa di Gazprom per il gasdotto South Stream? Di certo il blocco di una commessa del valore di 2,4 miliardi deciso dal colosso russo a luglio non ha fatto bene ai conti di Saipem. Tuttavia il caso South Stream è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: i mali della società vengono infatti da lontano e sono iniziati ad emergere nel 2012 quando i magistrati della Procura di Milano hanno ipotizzato il pagamento di tangenti per alcuni lavori da svolgere in Algeria. Da allora la macchina macina utili che era Saipem si è trasformata in un problema da gestire per l’Eni. Una grana che oggi risolve in parte il Fondo strategico italiano che non solo compra dal cane a sei zampe il 12,5% di Saipem, ma si è anche impegnato a partecipare alla ricapitalizzazione da 3,5 miliardi che sarà decisa nell’assemblea del 2 dicembre. E per non lasciare nulla di intentato ha anche opzionato un ulteriore 5 per cento.